Stefano Pasini

LE BASI ARCHITETTONICHE DELL’ECCELLENZA BMW

Tre lettere, una garanzia: BMW rappresenta, da decenni, un ‘benchmark’ per l’intera industria dell’automobile, una Casa cui tutti guardano (o dovrebbero guardare) con l’attenzione che si riserva a chi, del proprio mestiere, ha fatto un’attività a livello di assoluta eccellenza.

In questa sede, ci interessa parlare in particolare della superba qualità progettuale delle auto di questa Casa, soprattutto per quanto riguarda gli interni. L’abitacolo di una BMW è infatti sempre e comunque fatto a regola d’arte, iniziando dalla strumentazione. Poche Case hanno resistito, negli anni scorsi, alle lusinghe dei pannelli digitali a cristalli liquidi, ai cruscotti ‘parlanti’, alla tentazione di impiantare vistose luci e drammatici display di computer nei proprio nuovi modelli; la pressione degli uomini del marketing, veri e propri vandali in questo settore, deve essere stata fortissima. Lo dimostra il fatto che altre Case di nobile tradizione hanno ceduto, producendo plance piene di ‘effetti speciali’ attraenti all’atto della presentazione e poi progressivamente scaduti al rango di irredimibile ciarpame per sottosviluppati su quattro ruote.

Ma BMW, come del resto Mercedes, Bentley e Jaguar o Audi, non ha mai commesso questo errore. I suoi quadri strumenti sono sempre stati analogici, rigorosi, nitidi, perfettamente ergonomici. Quadranti tondi di buon diametro con sfondo nero, numeri e indice bianchi (talvolta l’indice può diventare rosso-arancio); pochi dati, cioè solo quelli necessari, messi nella giusta evidenza proprio dalla scelta di evitare qualsiasi ridondanza. Tutte le funzioni secondarie, in caso di errore, vengono segnalate da spie colorate, altrimenti invisibili.

L’illuminazione notturna della strumentazione delle BMW  è di colore rosso. La scelta, che alcuni (stolti!) non capiscono, si basa su solidi criteri ergoftalmologici, e la dimostrazione della sua giustezza, indiscussa in ambito professionale, risale alla Seconda Guerra Mondiale, quando le offensive di bombardamento notturno della RAF sulla Germania portarono alla conseguente realizzazione, da parte tedesca, di macchine altamente specializzate per la caccia a questi bombardieri. I piloti dei caccia notturni di Heinkel, Messerschmitt e Dornier erano solo marginalmente aiutati dai primi radar fabbricati da Lorenz, Telefunken e Siemens; il pilota cacciava largamente ‘a vista’, e quindi era necessario che i suoi occhi avessero la massima sensibilità alla bassa luce notturna, per sfruttarla al meglio. Il sistema visivo, in queste condizioni, lavora in adattamento ‘mesopico’, talvolta ‘scotopico’. Ogni  luce più intensa del dovuto, specialmente quelle di banda verde e blu, ne disturberebbe questa preziosa modalità. E per questa ragione quei magnifici caccia notturni, strumenti squisitamente professionali e certo lontani dai vezzi del marketing, avevano gli strumenti basati su quadranti neri, tondi, con lettere bianche ed illuminazione rossa o ambra, molto fioca, appena quello che bastava a vedere la lancetta muoversi nel quadrante.

Da allora, gli studi ergoftalmologici sulle strumentazioni di bordo non sono più riusciti a produrre nulla di meglio. Il cruscotto di ogni BMW (eccezion fatta per la ‘Z8’, che abbandona questa eccellenza perché progettata da un americano impreparato a capire le finezze della tecnica germanica) è ispirato ancora oggi a quegli aurei concetti, rimanendo un impareggiato monumento alla ricerca della perfetta interfaccia uomo-macchina. E’ il miglior simbolo possibile dell’anelito di questi tecnici a dare all’utente delle proprie vettura un ambiente nel quale il difficile processo della guida viene agevolato il più possibile, nella maniera tecnicamente più vantaggiosa, mediante la giudiziosa applicazione delle migliori regole ergonomiche. La ricerca dell’alleggerimento del ‘mental workload’ del guidatore, fattore difficile da quantificare ma di somma importanza per la sicurezza di marcia, passa anche per il rifiuto sistematico dei gadget imposti dalle brevi, fluttuanti mode passeggere. Per il rigetto di soluzioni effimere legate a mode di un anno, destinate ad invecchiare malissimo ed a guastare quindi, di conseguenza, il prodotto ed il buon nome della Casa. Perché, come saggiamente diceva Coco Chanel “Moda è tutto ciò che, poi, passa di moda…”

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