Stefano Pasini

 

 

VALERIA E IL CAPITONE

(Un articolo geniale di Giovanni Mogani, inviato speciale al Festival del Cinema di Venezia del 1996, sul film 'Bambola' di Bigas Luna. Protagonista Valeria Marini.)

 

    

VENEZIA — Che gioia per chi è stato alla proiezione di “Bambola”: è stata la più bella del festival, e in assoluto una delle più belle degli ultimi anni.

Ore una, clima da stadio. Atmosfera delle grandi occasioni. Proiezione plenaria, per tessere di ogni colore, peso e misura: quotidianisti, periodicisti, dotti, medici e sapienti, curiosi, tifosi, malmostosi. Quelli che amano la Marini, e quelli che la odiano. Poco prima, alla pro­iezione per il pubblico, si era capito che aria tirava. Entra la Marini, e un gruppo di romani l’accoglie con “A trucida! A coatta! ‘A cellulitica!” Fischi, boati. Perché tanta rabbia contro la Marini? “Perché nun c’è, nun ce sta. L’americani ci hanno la Kidman, noi la Marini. Ma te pare serio?”

Perché no? Aspettiamo di vedere il film, per dirlo. E il film arriva. Prima inquadratura, su una strada deserta della campagna adriatica: e un boato di applausi. “Bravo Bigas! Va-le­ria! Va-le-ria”,. L’inquadratura non finisce mai, evidentemente ci vanno messi i titoli di testa che non ci sono: gli applausi crescono, si ripetono. E’ un boato. Già qualcuno urla, fortissimo: “L’anquillaaaaa!”. Finalmente, il film comincia. Valeria Marini imbambolata si chiama Bambola, gestisce una trattoria sul mare insieme a uno Stefano Dionisi con i capelli cortissimi, gialli, vestito optical come uno dei Rokes, o dei Dik Dik degli anni d’oro. Dionisi fa il gay. Valeria viene concupita da tutti, finchè per una rissa il padrone della trattoria muore nell’Acquafan con lo scivolo multicolore, e l’omicida finisce in galera.

In galera c’è un tipo tosto che si chiama Furio, s’innamora di Bambola, e come prova d’amore fa sodomizzare il di lei fidanzato carcerato, costretto mentre viene violentato a recitare la ricetta della pasta al sugo. Non è che l’inizio. La sceneggiatura sfoggia frasi da antologia. Furio, il violentatore, urla: “Sai alle femmine cosa devi dare? Minchia, minchia, minchia... e botte!” E di fronte a una perla come questa. il pubblico applaude, in estasi. La proiezione ha un che della corrida. A ogni bufalata, un “olè” da tutta la sala. Furio urla alla Marini “Spogliati...” e dal pubblico: “Tr...!”. Applausi. Si va avanti così, è un delirio, una performance, un evento del più puro trash. L’avventura demenziale di Bambola trascina tutta la sala. Si parla di anima, e Furio-sempre lui, il Poeta: “Ce l’ho qui, l’anima!”. Si comincia a ribattezzare il regista: diventa “Bigazz Luna”, e il film “La chiavica”. Però, diciamolo, è così sfacciato, il film, così perfettamente insensato da sfiorare il capolavoro.

Ma non siamo che a metà: Bambola va in carcere dal bruto, e addosso porta le mutandone da bisnonno bisunto del cattivo. Lui tira fuori l’anima e la redime. Lei, a casa, dice a Dionisi: “Forse mi sto innamorando… Sarà per i suoi occhi?” Gli applausi sono da Oscar. Si aspetta solo il capitone, chiacchieratissimo protagonista della scena più hard del film. Arriverà anche quello, debitamente attorcigliato attorno al corpo di Bambola. Tra una sodomia e l’altra, il Bruto mangia a colazione fette di mortadella grandi come un pullover. Si sentono urla disumane, e Dik Dik Dionisi — mentre Valeria viene capitonizzata — chiede “Ma che c’è? Che cosa c’è, Bambola?” Il pubblico non resiste, sta per capitonare anche lui. Poi Dik Dik Dionisi va alla riscossa, mentre Bambola si accascia in una Natura morta con anguille. Alla fine, è un grado 7 della scala Mercalli di fischi…..

 

 

'Il Resto Del Carlino'

7 Settembre 1996

 

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