Stefano Pasini

Porsche Carrera GT: la prova

 Bene, dopo tanti mesi di attesa, presentazioni, articoli e spiegazioni tecniche, la Carrera GT è una realtà. E’ qui, davanti a me, appoggiata sui blocchi di cemento di una base costruita 50 anni fa dai russi come pilastro aeronautico del ‘first strike’ dal cielo su cui, per anni, si è basato il perfetto immobilismo politico dei due giganti del modo, USA e URSS. Forse è un paradosso, che un capolavoro tecnologico del mondo occidentale debba cercare, per esprimere le sue reali possibilità ‘balls to the ground’, gli spazi aperti ed apparentemente infiniti del ruvido manufatto di un popolo automobilisticamente più noto per GAZ e ZAZ, ma dove si può altrimenti trovare una striscia di strada perfettamente liscia e diritta aperta alle auto, lunga quattro chilometri e larga cento metri, su cui scatenare questi 620 cavalli?

Dal vivo, la Carrera GT è realmente diversa dalle sue dirette rivali (no, non le nomineremo). E’anche diversa da tutte le altre Porsche. E’ bassa, larga, lunga e la sproporzione fra il muso (corto), l’abitacolo (due posti secchissimi), e la coda (davvero lunghissima) dà un’immediata idea di quanta meccanica sia stata stivata nel posteriore. La sua linea è, nonostante la sua distanza formale dalla 911, un perfetto distillato degli stilemi Porsche: guardate i rigonfiamenti sul cofano motore e dite se non ricordano quelli delle ‘908’. I volumi dicono ‘917’ o ‘956’, il muso ricorda altre Porsche, il cruscotto sembra quello di una 911 ‘4S’. Acquattata sulle sue quattro larghissime Michelin, la GT è un animale violento ma raffinato, la cui linea non cela i suoi tanti cavalli ma li valorizza con stile.

Poi arriva Roland Kussmaul, l’uomo forse più di chiunque altro responsabile dello sviluppo pratico della Carrera GT. Chi conosce le Porsche sa cosa ha fatto Kussmaul alla Parigi-Dakar…. E’ in una forma fisica impeccabile, magro, nervoso ed efficiente come la ‘sua’ auto. Walther Rohrl l’ha tenuta a battesimo, a Parigi, nel 2000, ma lui è quello che ci ha fatto più chilometri sopra, e lo dimostra prendendo il volante e spedendo la GT subito a 329 all’ora. 

Nel sedile del passeggero, questa velocità è quasi ‘normale’: la GT è stabile, secca d’assetto ma gradevole, e solo il canto furioso del suo V10 rivela, all’interno dell’abitacolo, lo sforzo complessivo che sta facendo questa magnifica meccanica. Per prepararcisi a questo rumore, un avvertimento: niente a che vedere con una 911. Se avete mai sentito in moto una ‘917K’, ci siamo un po’ più vicini, ma come pietra di paragone è meglio il V10 della BMW, quello  imbullonato dietro ala schiena di Juan-Pablo Montoya (l’altro non conta).

Prendere in mano il volante, dopo lo show di Kussmaul, è un impegno importante. Un rapido sguardo ai comandi: si è a casa propria, per chi ha una Porsche in garage. Bellissima la plancia centrale. Il canto del motore è secco, rabbioso e raffinato, un pezzo d’orologeria nato per combattere. Il suo urlo è forte, la risposta all’acceleratore, telepatica.

La prima marcia è lunga, si rischia di piantarcisi a spegnere il motore. Ma una volta che la GT passa questo primo momento, è un gioiello. Il volante è da Nobel per la fisica: riesce a combinare una robusta servoassistenza con un feeling incredibile. Il guidatore esperto si sente la Carrera GT sulle dita con una naturalezza assoluta: le qualità dinamiche della super-Porsche sono tali da comunicare al guidatore normale (io) un senso di sicurezza formidabile anche alle più alte velocità. Mettere a terra quei 620 cavalli diventa d’un tratto molto più ragionevole,e la strada sembra offrire più possibilità di divertimento di quanto non si potesse pensare.

Siamo nella foresta di Schorfheide, dove Hermann Goiring aveva la sua leggendaria residenza di campagna, ‘Carinhall’. I rettilinei sono stretti ma infiniti  e vuoti, l’Autobahn verso Nord è una tentazione troppo forte. Dopo uno slalom che lascia esterrefatti per la facilità con la quale la GT si lascia giuidare fra i birilli stretti in seconda piena, è il momento di piantare il pedale dell’acceleratore a fondo corsa puntando in direzione di Peenemünde e dei suoi lontani residui delle basi missilistiche affacciate sul Mare del Nord. 

La violenza dell’accelerazione della Carrera GT, l’assenza di rollio e beccheggio, la stabilità generale di questa moderna corazzata delle autostrade rende ogni tragitto un evento memorabile, almeno finchè le automobili tremendamente lente del mondo normale (una BMW M5 o una Mercedes AMG E55, ad esempio) non costringono a robuste frenatone sulla corsia di sorpasso. Freni in ceramica ‘PCCB’, naturalmente. Un sigla che suona bene con il ‘CCCP’ in cirillico, ricordo dei passati padroni di casa, che ci accoglie al ritorno nella grande base aeronautica ex sovietica nascosta in Schorfheide, fra i bunker corazzati per i Mig-29 ‘Fulcrum’ che una volta stazionavano qui e i corsi di guida veloce su Mercedes blindate organizzati dalla ‘Kripo’ per gli autisti delle scorte. Kussmaul ha organizzato addirittura una specie di circuito misto fra quelle che erano le piazzole di smistamento dei ‘Flanker’ e le grandi piste di decollo, e lì si gioca godendo della potenza morbida e trattabile di questa formidabile supercar. Il nuovo benchmark della categoria?

E poi la prova finisce. Si ferma la Carrera GT, ci si parcheggia davanti ad uno dei ricoveri trasformati in un (ottimo) ristorante e si spegne il motore. La chiave è a sinistra del volante, come in tutte le Porsche. E si rimane qualche secondo a riordinare le idee dopo la titanica cavalcata fra piste di decollo ed Autobahn germaniche, mentre il motore sibila e frigge cedendo calore a un freddo mattino autunnale del Magdeburgo. Anche i freni fumano, quasi contenti di avere lavorato intensamente.

E’ stata una cavalcata molto veloce, certo, ma ‘titanica’ non è forse l’aggettivo giusto. Lo sarebbe stato con qualsiasi altra auto: con la Carrera GT lo sforzo non è in realtà degno di titani. perché il livello di aiuto fornito dalle qualità dinamiche di questa nuova super-Porsche è tale da sollevare il guidatore da molti pensieri, lasciando margini di sicurezza immensi anche di fronte a richieste prestazionali estreme. Insomma, fuori dai denti, è difficile a pensare ad un’auto che si guidi meglio, con più piacere, divertimento, godimento tattile di questa Porsche. Certo, costa 490.000 Euro e non sono noccioline, inoltre le 1500 vetture che saranno costruite nei prossimi tre anni sono già tutte vendute, e queste cose limitano un po’ l’accesso che, a una ‘GT’, potrà avere il comune mortale. Ma il capolavoro c’è e rimane. Questo, come avrebbe detto un mio amico americano, “farà venire dei bel mal di testa a Maranello”.

Sarà vera gloria? Non abbiamo bisogno di demandare ai posteri quest’ardua sentenza…. Per quanto ci riguarda, un premio Nobel, questa Carrera GT, se lo merita molto più di tutti quegli sconosciuti scrittori terzomondisti convocati annualmente a Stoccolma per raccogliere il cospicuo assegno lasciato loro dall’inventore della Dinamite. Almeno la Carrera GT, quando si fa un prima-seconda con il pedale dell’acceleratore piantato al parafiamma, dà tutta l’idea di essere sparata fuori dalla bocca di un cannone…..

 Stefano Pasini, Schorfheide, 25 Settembre 2003

 

993 4S La Carrera GT

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