Stefano Pasini

 

LA THORENS, IERI E OGGI

 Ci sono dei marchi che sono rimasti scolpiti nella mente degli audiofili cresciuti nel periodo del grande boom dell’Alta Fedeltà in Italia, negli anni ’70: nomi come McIntosh, Marantz, Harman-Kardon, Klipsch, JBL, Phase Linear, AR. La maggior parte di questi prodotti era contraddistinta da un’eccellenza progettuale e costruttiva assoluta che si rifletteva però in un costo invariabilmente elevato, tale da collocarli in un costoso Olimpo commerciale per pochi eletti, fuori dalla portata della grande massa.

Fra queste Case di primissimo livello, in pratica solo una poteva vantarsi di superare le barriere economiche ed entrare in tutte o quasi le Case degli appassionati, sempre a testa alta: la Thorens. I suoi giradischi sono stati per anni il punto di riferimento del settore, quieti, solidi, pregiati ma non inaccessibili, costruiti in Svizzera e in Germania eppure gradevoli d’uso come i migliori giapponesi. Non c’è da stupirsi del fatto che modelli come il ‘TD124’ o il successivo ‘TD125’ siano rimasti nella storia, oltre che nel cuore degli intenditori. Tanto che, dopo il successo commerciale che conobbero quando erano nuovi, attorno ad essi si è ora sviluppato un fiorente mercato collezionistico, in continua, veloce espansione.

La Thorens nasce poco dopo l’invenzione del fonografo di Edison (1877). Il signor Hermann Thorens fondò infatti la sua Casa nel 1883 a St.Croix, in Svizzera, per la fabbricazione di ‘scatole musicali’ e movimenti sonori. Questa è la ragione per la quale non è infrequente trovare, all’interno dei carillon antichi, un movimento chiaramente marcato Thorens. Nel corso degli anni successivi la Casa svizzera fabbricò anche accendini (dal 1913), armoniche (1914), pick-up (1929) radio da tavolo e da pavimento (1933), e persino rasoi meccanici (‘Riviera’, 1954). Non si deve pensare che la Thorens fosse un piccolo laboratorio disperso fra i monti: nel 1928, la Casa aveva 1.200 dipendenti, ridotti, a causa del crollo di Wall Street di quell’anno, al comunque notevole numero di 800 tre anni più tardi

Già nel 1928, la Casa iniziò poi a fabbricare motori elettrici per grammofoni, addirittura a trazione diretta! Poi si passò alla trasmissione a puleggia, e attorno al 1940 iniziò anche una proficua attività di produzione di macchine per l’incisione dei dischi (che, all’epoca, erano esclusivamente a 78 giri). Il primo cambiadischi commerciale della Thorens venne presentato nel 1943, ma si deve aspettare fino al 1957 per l’arrivo del primo grande giradischi hi-fi della Casa, il ‘TD124’.

Il ‘124’ era un oggetto di grandissima qualità, costruito con rigore tutto ‘Schwyzerdeutsch’ (la Casa si era nel frattempo basata a Wettingen, vicino a Zurigo). La sua caratteristica principale era quella di avere un pesante telaio rigido in metallo pressofuso, un perno di grande diametro (14 mm) per supportare il massiccio piatto in metallo tornito e un leggero contropiatto in alluminio ad esso sovrapposto. Disaccoppiando i due piatti con l’apposita levetta si poteva fermare il contropiatto e il disco posto su di esso, mantenendo in rotazione il piatto sottostante in modo da permettere una partenza fulminea una volta che i due componenti, rilasciando la levetta, venivano di nuovo messi a contatto. Il ‘124’ rappresentava lo stato dell’arte dell’epoca, con trasmissione a puleggia, quattro velocità (16, 33, 45 e 78 giri), controllo fine di velocità, stroboscopio illuminato ed una qualità di costruzione superba. Per capire la sua qualità basta metterlo a confronto con l’altro grande classico dell’epoca, il Garrard ‘301’, rispetto al quale il ‘124’ poteva vantare uno stroboscopio di serie e sempre illuminato, nonché l’ingegnosa idea della basetta staccabile per intercambiare facilmente vari bracci. Nei piccoli numeri dell’Alta Fedeltà di quei tempi, il ‘124’ fu un successo mondiale, anche se era decisamente molto costoso.

Per rendere il giradischi Thorens più accessibile alla massa, la Casa produsse a partire dal 1957 dei modelli semplificati come il ‘TD184’ (1958), il ‘TD134’ (1959), il ‘TD135’ (1961) che montava un braccio ‘BTD-12’, di alta qualità, a prezzo nettamente inferiore a quello del ‘124’. Degno di nota per l’epoca era il modello ‘121’, simile al ‘124’ ma con la sola velocità di 33 giri, senza stroboscopio e controllo fine di velocità, e quindi un costo relativamente basso. Il ‘TDW224’ (1962) era invece un ingombrante cambiadischi di ottima qualità, basato sul ‘124’. Dal 1959 esplose la nuova tecnologia dell’epoca, la stereofonia (brevettata da Alan Blumlein nel 1931, ma standardizzata solo nel ’58), e da allora tutti i modelli Thorens con braccio vennero forniti già pronti per l’utilizzo di dischi stereo.

Nel 1963 iniziò una serie di rivoluzioni nell’assetto societario; la Thorens si fuse quindi con la Paillard, che gli appassionati ricordano per le belle cineprese Bolex. Per varie ragioni, non ultima quella di ovviare almeno in parte al problema dell’altissimo costo del lavoro in Svizzera, la produzione venne spostata a Lahr, in Germania, nel mezzo della regione dello Schwarzwald (Foresta Nera), a pochi chilometri da Kippenheim, dove sin dal 1952 venivano fabbricati i leggendari giradischi ultraprofessionali della EMT.

Nel 1965 l’arrivo del ‘TD150’ segnò l’inizio di una rivoluzione tecnica: il controtelaio flottante anziché il telaio completamente rigido, e la trazione non più a puleggia ma a cinghia. Compatto e di linea attraente, fu un buon successo, e nel 1966 arrivava anche l’evoluzione definitiva del ‘124’, il ‘MkII’ con molti miglioramenti a partire dal braccio ‘TP14’, un intramontabile classico del settore. Proprio in quel periodo (1966) Thorens ed EMT-Franz instauravano uno stretto rapporto di collaborazione per ricerca e sviluppo, come si vede dai successivi prodotti. Il ‘TD125’, presentato nel 1968 e costruito nello stesso stabilimento di produzione degli EMT, fu il degno erede della stirpe ‘124’, ma con filosofia radicalmente diversa: trasmissione a cinghia, controllo elettronico e non più magnetico della velocità e, soprattutto, sospensione con controtelaio flottante.

La ragione dell’importanza storica del ‘150’, e più ancora del ‘125’, sta proprio in questo concetto tecnico. Non più basi rigide per le quali ci si doveva attendere la costruzione di una base adeguata da parte del cliente, un intenditore erudito; cinghia e controtelaio flottante erano basi adatte alla diffusione capillare di giradischi utilizzabili più o meno su qualsiasi base d’appoggio, quindi in qualsiasi ambiente domestico. Pressochè immune da problemi di feedback acustico e quindi bene accetto a chiunque dovesse piazzarlo nel salotto ‘buono’, il ‘125’ fu anche per questo un immediato successo; nel 1969 arrivò poi il ‘TD150 MkII’, nel 1972 il ‘TD160’, il ‘TD165’ (il meno costoso della gamma) e successivamente ancora il ‘TD125 MkII’.

La qualità si paga, naturalmente, e i Thorens non erano giradischi economici, soprattutto oltre Oceano. I 280 dollari richiesti nel 1969 per un ‘TD125’ (che diventavano 385 con il classico braccio Ortofon) erano molti anche per il ricco mercato USA, nel quale un Empire ‘398’ costava 199 dollari, un Dual ‘1219’ semiautomatico 159.50 dollari e lo svizzero Lenco ‘62’, commercializzato in America dalla Bogen come ‘B-62’, solo 67.95 dollari. Ma tale qualità ripaga poi a lungo termine: l’implacabile ‘Orion Blue Book’, Bibbia dell’usato americano, quota ora un ‘TD125’ (braccio standard) a 179 dollari, mentre il Bogen ‘B-62’ è a 14 dollari, l’Empire ‘398’  a 31 e il Dual ‘1219’ a 34.

In Italia le cose non andavano molto diversamente: nel 1975, anno nel quale l’esplosione della ‘moda’ dell’Alta Fedeltà stava raggiungendo un picco da vero e proprio fenomeno di costume, un ‘TD125 MkII’ costava 235.000 lire, o 175.000 senza braccio. L’ultimo simbolo della ‘vecchia scuola’ professionale inglese, il Garrard ‘401’, costava allora 140.000 lire (ovviamente senza base né braccio), un Lenco ‘85’ 195.000 e l’eccellente Dual ‘1249’ 195.000 lire. Ma il successo ci fu, e grande, grazie alle eccellenti qualità dei giradischi Thorens ed alla loro forte immagine, che permisero di vendere bene anche i ‘piccoli’ della Casa, il ‘TD165’ (95.000 lire) e il ‘TD160’ (110.000 lire).

Nel 1974 il ruolo di ‘ammiraglia’ della linea passò dal ‘TD125 MkII’ al ‘TD126’; modello con una cospicua componentistica elettronica, secondo le tendenze dell’epoca. Sviluppato in tre successivi ‘step’ e con il suo braccio originale ‘TP16’ o ‘TP62’ o ancora uno dei tanti bracci separati offerti in commercio all’epoca, il ‘126’ fu anch’esso un vero ‘benchmark’ della categoria. A prezzi, però, sempre meno ‘popolari’; nel 1978 un ‘TD126 MkIII’ costava 440.000 lire contro le 385.000, ad esempio, del Linn LP12.

Altre innovazioni tecniche abbellivano all’epoca il palmarés della Thorens, che, con il ‘Reference’ (1979) costruiva una credibile ‘Macchina da riferimento’ per stabilire le massime prestazioni assolute ottenibili da un giradischi convenzionale. Costruito con un telaio estremamente robusto (alla fine esso pesava 90, sì, novanta chilogrammi, circa 20 in più di un EMT 950 in configurazione standard da studio) e realizzato in soli 100 esemplari, il ‘Reference’ è forse stato il picco assoluto della tecnica e delle prestazioni Thorens, un pezzo da collezione oggi ambito e molto ricercato.

Nel 1982 arrivava poi il ‘524’, inusuale nella storia Thorens per essere il primo prodotto della Casa a trazione diretta. Questo però si spiega subito notando che esso era nientemeno che un prodotto della leggendaria EMT, il modello ‘938’, ricarrozzato e ribattezzato con un occhio speciale al pubblico delle discoteche. Non era la prima volta che Thorens e EMT arrivavano a ‘scambiarsi’ i prodotti; il ‘928’ di EMT era infatti un ‘125’ ampiamente modificato. E, quasi a sottolineare la buona salute dell’azienda, la Thorens all’epoca iniziò anche a produrre elettroniche (ricevitori, casse, registratori a cassette) di vario tipo.

Ma la lucidità dirigenziale d’un tempo si era forse appannata; questa disinvolta diversificazione della gamma proposta nella prima metà degli anni ’80 ricorda, nella sua complessiva miopia, la tragica corsa per il suicidio del Titanic. Nessuno, sul ponte di comando dell’azienda tedesca, vide arrivare la violenta crisi imminente: fra tutti quei nuovi prodotti elettronici di stile inconfondibilmente teutonico, infatti, non c’era un solo CD-player. Dopo la prima diffidenza, il mercato dei CD, il nuovo supporto musicale universale, e dei relativi riproduttori esplose, a discapito della base d’acquisto tipica dei giradischi, quella del fruitore evoluto ma ancora ‘normale’, cioè poco vincolato alle tematiche prettamente tecniche. L’ascoltatore di musica classica o pop, disco o Sanremo, grazie ai CD non doveva più lottare con la fragile puntina, con i ‘clik’ e ‘tok’ del disco graffiato, col fine disco, con masse e ronzii. Il CD era democratico, imperturbabile, pragmatico; fece subito diventare fragile, aristocratico e scostante il discone nero, in vinile. Il vecchio, caro ‘33’, divenne vendibile quanto il quotidiano di ieri l’altro, secondo una vecchia frase albionica.

La Thorens vide improvvisamente crollare vendite, profitti, distribuzione. Pure, non passò al ‘digitale’. Introdusse invece fra il 1976 ed il 1983, anno del centenario della fondazione, i giradischi modello TD ‘147’, ‘110’, ‘104’, ‘105’, ‘115’, ‘115 MkII’, ‘126 Mk II’ e ‘MkIII’, il colossale ‘Prestige’, il ‘226’ fatto per tre bracci con meccanica ed elettronica del ‘126’, poi il ‘320’, la versione ‘larga’ di questo, il ‘520/521’ (1985) e poi l’edizione speciale ‘Phantasie’.

Nulla da fare. Le vendite erano in calo continuo, il CD stava dominando il mercato ormai in lungo in largo e per anni. Finchè non iniziarono le perentorie difese del ‘33’ da parte di Ivor Tiefenbrum e compagni, il disco in vinile sarebbe stato reietto assieme al suo inseparabile compagno di viaggio, il giradischi analogico. Icone della storia Thorens come i ‘124’ non valevano più nulla, i nuovi modelli rimanevano fermi a raccogliere polvere sugli scaffali.

Dopo tentativi ripetuti di posizionarsi ai livelli ‘alti’ del mercato con il ‘Concrete’ (base in granito, 1988) ed il ‘2001’ (1989), la Thorens andò incontro ad altre divisioni societarie e la sua consistenza iniziò a scemare rapidamente. Problemi di vario tipo portarono a ripetute rivoluzioni dell’assetto sociale, finchè la parte più interessante per gli audiofili ‘analogici’ rimase a Lahr come ‘Thorens Audio Hifi-Vertriebs-GmbH’.

 

La storia dei giradischi Thorens, dunque, ha avuto i suoi alti e bassi; ciò non toglie che, ora che una crescente pattuglia di audiofili riscopre le gioie del ‘vinile’, cioè dell’ascolto di alta qualità dei vecchi 33 giri anziché dei moderni CD, le doti dei giradischi di questa Casa abbiano subito riconquistato una posizione di rilievo sia nel mercato del ‘nuovo’ che in quello del collezionismo di apparecchi hi-fi storici. L’esempio migliore è proprio quello del ‘TD124’, un tempo esempio del massimo livello qualitativo possibile per un giradischi domestico, accantonato e svilito durante l’era dei giradischi giapponesi a trazione diretta. Durante il boom del CD, il ‘124’ non valeva più nulla: scese a quotazione sub-zero. Un ingombrante, inutile relitto di un’epoca che tutti volevano seppellire, assieme al suo scomodo mito dell’eccellenza elettromeccanica di stampo teutonico, assieme ai superati ‘vinili’. Per anni, è andata avanti così.

 

Nella primavera del 1994, improvvisamente, la rivoluzione. ‘Sound Practices’, straordinaria rivista USA per l’audiofilo controcorrente, esce (Vol. 2, #1) con un confronto informale ma diretto fra Linn LP12, SOTA/Well Tempered e ‘TD124’. Herb Reichert dichiara: ‘….il Thorens eccelle nel presentare corpo, peso e ritmo…. Ha un “peso” che il Linn non ha….Il ‘124’ merita l’attenzione di una mente creativa con un’anima musicale’. L’autorevole rivista inglese ‘Hi-Fi World’ subito dopo presenta l’anziano capolavoro svizzero domandandosi: “Il miglior piatto mai costruito?” con risposta, ovviamente, affermativa. E queste sono riviste per le quali il disco in vinile è sacro, magari superiore al CD.

Improvvisamente, gli audiofili esoterici si sono trovati a riscoprire il fascino solido, verrebbe da dire eterno, dei pesanti piatti di Wettingen e Lahr. La voce si è sparsa rapidamente: altrettanto rapidamente le quotazioni dei Thorens sono salite, e molto, tanto che per acquistare un ‘124’ completo e funzionante con braccio e portatestina originali ci vuole ora più di un milione, e qualcosa in più per un pregiato ‘MkII’. Tutti i Thorens più anziani, soprattutto quelli ‘svizzeri’, hanno valori in rapida salita, sono oggetti il cui valore di costruzione si riflette in un continuo interesse collezionistico; il restauro di questi pezzi è ora affrontato dagli appassionati con entusiasmo, e sulle aste on-line di Internet come eBay o Loot i ‘124’ vengono avidamente contesi a colpi di centinaia di dollari al pezzo. Sull’ultimo catalogo di ‘Spring Air’, ditta tedesca di usato hi-fi di qualità, un ‘124’ senza base né braccio viene offerto a 550 marchi. Lo stesso vale, ovviamente, anche per gli altri modelli antichi di questa gloriosa Casa.

Ma la Thorens, come Casa madre, cura ancora i suoi clienti storici? Può fare come Porsche, Aston Martin o Lamborghini, che offrono a chi acquista un’auto da loro prodotta molti anni fa un completo servizio di assistenza e restauro? Soprattutto, la Thorens esiste ancora? Ce lo domandavamo da tempo. E così siamo andati a controllare. Di persona.

 

La sede dell’attuale Thorens è a Lahr, in un edificio basso e lineare, a due piani. Jurgen W. Reichmann, che è il responsabile del marketing e delle relazioni esterne, è giovane, entusiastico e preparato. Non gira attorno al problema: la fabbrica, spiega Reichmann, è stata salvata da tre azionisti, e quello di maggioranza relativa è il signor ***, che ci saluta con cordialità bavarese. Viene infatti da Norimberga. E’ grazie a lui e ai suoi soci che la Thorens è sfuggita al destino della Dual, altra celebre fabbrica di giradischi della Foresta Nera, di St. Georg, fallita, smembrata e ridotta ad apporre il suo riverito nome su piatti fabbricati da altri, in Oriente (moan). O della stessa EMT, che è stata acquistata dalla Barco e non produce più, ahimé, i suoi leggendari, costosissimi giradischi di riferimento.

 “La Thorens di una volta”, ricorda Reichmann, “aveva 800 dipendenti, solo venti anni fa. Ora ne ha poco più di trenta, in due stabilimenti, fra Lahr e Berlino.” A Lahr vengono costruiti quasi tutti i giradischi, a Berlino i componenti elettronici. L’orgoglio, comunque, non manca. “Noi continuiamo a produrre giradischi ed elettroniche di alta qualità, tutti progettati e costruiti interamente in Germania. Sono tutti del più alto livello per la loro categoria, dal giradischi più economico al CD-player ‘Consequence’ con stadio finale a valvole” (che è, aggiungiamo noi, bellissimo.) Reichmann parla da appassionato: si capisce subito, dai suoi commenti sulla qualità di certe trasmissioni FM, che è un avido ascoltatore di musica classica ed un critico imparziale dei suoi stessi prodotti, pur amandoli moltissimo.

“Noi ora abbiamo in pratica tre linee di prodotto” dice Reichmann a proposito dei ‘suoi’ giradischi. “Una linea relativamente poco dispendiosa, che comunque è molto apprezzata, poi una per gli audiofili puri che comprende ‘TD166’ e ‘TD520/521’, infine i piatti ‘top’ che sono soprattutto il ‘2001’ e il modello di punta, ‘Ambience’.”

Il cuore di questi due ultimi modelli, la ragione per la quale suonano particolarmente bene, è un materiale inerte esclusivo della Thorens, chiamato ‘Isotrack-RDC.’ Questo materiale smorza in maniera assai efficace le vibrazioni parassite; cosa molto interessante, e commercialmente astuta, il ‘2001’ può essere migliorato (in termini tecnici si parla di ‘upgrade’) proprio con componenti di questo tipo, per portare il giradischi alle specifiche del ‘2001 Isotrack’ che è uno dei migliori giradischi attualmente in commercio per la sua categoria. Il sofisticato ‘Ambience’ costa infatti una cifra molto più alta, circa 9.000 marchi in Germania, fino a 15 milioni di lire in Italia.

I nuovi giradischi della Thorens sono molto belli e moderni, diversi da quelli della ‘vecchia generazione’ ma altrettanto belli e suggestivi, oltre che costosi. Sul tavolo della saletta di riunione ammiriamo molti pezzi in ‘RDC’, il materiale cui si deve attribuire almeno parte dell’eccellente suono di questi prodotti.

Reichmann sa che c’è un problema anche di comunicazione; il mercato dei giradischi si è ristretto a un’isola molto piccola e affollata di piccoli costruttori indipendenti, non è facile catturare una porzione di questo segmento. Ma il lavoro continua: per conto nostro possiamo dire che le nuove elettroniche della serie ‘Consequence’ sono davvero splendide, con un’estetica estremamente attraente, alcune valvole a vista, un suono piacevole e naturale. In sostanza, sono prodotti di altissima classe, degni del marchio che portano. Un complesso ‘TRT2200’ (sintonizzatore), ‘TTP2300’ (preamplificatore), ‘TTA2300’ (amplificatore) e ‘TFB2200’ (telecomando) rappresenta un’eccellente alternativa ai nomi adesso imperanti sul mercato. Certo, non un’alternativa economica, ma di alta qualità, con un suono molto piacevole, costruzione di qualità superba e splendida presentazione estetica.

E l’assistenza, che è poi la prima ragione per la quale siamo arrivati fin qua facendo 656 chilometri da Bologna? “Kein problem”, sorride Reichmann, che chiama la signora ***, la responsabile del reparto assistenza (appunto), la quale arriva portandosi dietro un enorme librone pieno zeppo di numeri dei pezzi di ricambio per l’intera produzione Thorens dagli anni ’50 a oggi. Non tardiamo a capire che dietro la paciosa facciata di una tranquilla massaia tedesca di mezza età si cela una memoria storica completa e formidabile, che ricorda tutto di ogni particolare e che segue il ‘suo’ laboratorio con grande sapienza.

Si diverte anche lei quando le chiediamo qualche pezzo per i nostri vecchi ‘135’. Capisce che siamo appassionati di lunga pezza e che ai nostri Thorens vogliamo bene. Sì, è possibile portare lì, a Lahr, i propri ‘124’ o ‘135’ antichi per il tagliando, previo appuntamento. Saranno controllati, verificati, aggiustati secondo le necessità del caso, e restituiti in condizioni ottimali. E’ meglio comunque evitare di farsi illusioni sui prezzi, che sono piuttosto sostenuti sia per i pezzi di ricambio che per la mano d’opera; e la spedizione è delicata e costosa. Meglio, potendo, ‘accompagnare’ i propri vecchi, preziosi piatti a Lahr e godersi la procedura di collaudo in situ, magari prendendosi una notte di riposo all’albergo “Adler” di Reichenbach, una stella Michelin ed un ambiente davvero squisito.

Ma l’assistenza perlomeno c’è, e questo ci conforta. Chi a suo tempo acquistò giradischi Garrard o Lenco, per non parlare dei modelli giapponesi, certi pezzi di ricambio fa fatica a trovarne: di assistenza in fabbrica, manco a parlarne. L’assistenza ai modelli più recenti può invece essere effettuata in Italia: la Casa che distribuisce Thorens è la MPI, un nome storico dell’Alta Fedeltà italiana, a garanzia di una buona distribuzione nazionale.

La Thorens si conferma grande, dunque, e non solo per la bontà dei suoi eccellenti prodotti attuali, ma anche perché dimostra un fondamentale rispetto per i suoi clienti, che non sono polli cui spremere denaro con l’abominevole tecnica ‘mordi e fuggi’ tipica di tante piccole Case che durano lo spazio d’un mattino. La Casa di Lahr assiste i suoi clienti anche dopo decenni, li coccola come vecchi amici; e anche questo aiuta a dare grande fiducia nella Casa, invitando a rimettere il glorioso marchio con la ‘R’ allungata nella lista dei nomi ‘giusti’ dell’Alta Fedeltà di altissimo livello.

Ripartiamo da Lahr, dal piccolo laboratorio dove alcune signore assemblano a mano ogni singolo Thorens, più tranquilli. Come se avessimo ritrovato in condizioni soddisfacenti un vecchio amico di cui avevamo perso le tracce; come se fossimo sicuri che, ora, quell’amico non sparirà più misteriosamente, nella nebbia, come successe in passato. Ora sappiamo dove sta, è una bella casa piena d’entusiasmo, troveremo a trovarlo.

Stefano Pasini, 1999 (Già pubblicato su AudioReview)