Stefano Pasini

LA CHIRURGIA REFRATTIVA

 

Ai pazienti che desiderano eliminare i mezzi correttivi tradizionali (occhiali, lenti corneali) l’oculista è oggi in grado di proporre un’alternativa interessante e di grande potenziale funzionale con la cosiddetta ‘Chirurgia Refrattiva’. Con questo termine si definisce una branca della chirurgia oftalmica che mira, con diverse metodiche, a correggere le ametropie in maniera completa e definitiva mediante specifici interventi. 

Possiamo distinguere, grossolanamente, due grandi categorie di interventi:

­- a bulbo chiuso’, che possono essere effettuati agendo sulle sole strutture rifrattive esterne dell’occhio (generalmente la cornea); 

- ‘a bulbo aperto’, nei quali è necessario accedere ai diottri anteriori dell’occhio (cristallino) tramite una breccia chirurgica che consente di entrare nella ‘Camera Anteriore’ dell’occhio

 

I primi sono attualmente molto apprezzati; la loro recente esplosione è stata causata dalla comparsa di un tipo di laser particolarmente adatto alla ablazione corneale, cioè all’asportazione di strati di tessuto (in questo caso, il parenchima corneale) di spessore e profilo perfettamente programmabili, fino a misure dell’ordine del micron.

Prima dell’affermazione del laser ‘ad eccimeri’ si era utilizzata a lungo la metodica della ‘Cheratotomia Radiale’, squisitamente chirurgica e che sieffettuta (sempre ‘a bulbo chiuso’) con uno speciale bisturi micrometrico a punta di diamante. Previa misurazione dello spessore corneale (che è mediamente di circa 500 micron), tale bisturi viene tarato in modo da poter praticare 8, 12, 16 incisioni radiali sulla cornea, dal limbus ad una ‘zona ottica’ centrale che deve rimanere intatta. Lo sfiancamento generato sulla periferia della cornea da queste incisioni appiattisce il centro ottico, che, grazie all’aumento del raggio di curvatura, ha un minor potere diottrico e permette la focalizzazione dei raggi sulla retina.

Tale metodica è stata soppiantata pressoché completamente dalla PRK prima e dalla LASIK poi, cioè dagli interventi che si effettuano con i laser ‘a eccimeri’. Questo laser può ablare valori predeterminati dal chirurgo (l’ablazione dello spessore di un centesimo di millimetro equivale alla correzione di una diottria); solitamente si asportano quantità di tessuto non superiori a 8-10% dello spessore corneale, al massimo, quindi, di 40-50 micron. 

Il grande vantaggio degli interventi eseguiti con il laser a ‘eccimeri’ (tale parola risulta dalla crasi di ‘excited dimer’= dimeri eccitati; il neologismo inglese è stato poi malamente adattato all’italiano) è che questi agiscono direttamente sulla zona centrale della cornea, quindi proprio là dove passano i raggi che poi arrivano sulla macula al centro della             retina, ed hanno una precisione pressoché assoluta. Il fatto di eseguire l’intervento sulla sola cornea limita generalmente il ‘range’ di miopie trattabile a circa 10-12 diottrie, ma la pressoché totale assenza di complicanze e di rischi rende questa metodica molto desiderabile e infatti praticata con largo successo su un numero crescente di pazienti.

Se ne distinguono due varietà:

1) “Fotocheratectomia Refrattiva” (Photo Refractive Keratectomy -  P.R.K.)

agisce rimodellando direttamente la superficie anteriore della cornea; il fascio ultravioletto emesso dal laser causa una fotoablazione per dissociazione molecolare della membrana di Bowman, eliminandola completamente, quindi su strati sottostanti molto sottili del parenchima corneale, dopo asportazione meccanica dell’epitelio da parte del chirurgo; 

2) “Cheratomileusi in situ” (Laser-Assisted In-Situ Keratomileusis – LASIK),  una evoluzione tecnicamente sofisticata della metodica ideata negli anni '50 dal leggendario professor Barraquer. Egli ideò una metodica ardita, che si prefiggeva di correggere i difetti di refrazione asportando un lenticolo corneale della grandezza di una lente a contatto, che poi veniva congelato, tornito su un apposito apparecchio per modificarne il raggio di curvatura e quindi riapposto alla cornea stessa come un vero e proprio trapianto lamellare autologo. Tale metodica, indaginosa e complessa, dovette essere abbandonata anche per l’incostanza dei risultati funzionali.

Ora il laser a eccimeri permette di riadattare questa metodica alle attuali possibilità tecniche, realizzando un intervento molto efficace e preciso, utile anche per miopie di entità abbastanza elevata (fino a 12 diottrie ed anche più) con un minimo di rischi e di possibili pericoli. Ciò che si fa è isolare, mediante uno speciale strumento (il microcheratotomo) una lamella di cornea che viene separata dal resto del tessuto lasciando solo una piccola ‘cerniera’ ad unire le due parti. Questo flap viene ribaltato aparte; sul parenchima corneale che risulta a questo punto bene esposto viene effettuata la giusta fotoablazione con il laser e, alla fine, il flap viene nuovamente rimesso in posizione coprendo l’area chirurgica in maniera pratica ed elegante.

Le due metodiche di PRK e LASIK hanno attualmente risultati molto soddisfacenti, con problemi ormai ridotti al minimo soprattutto per la miopia (ma è possibile trattare con successo anche l’ipermetropia)

A migliorare le percentuali di riuscita di questi intervento (sia di PRK che di LASIK) è intervenuto il progresso tecnico di questi laser, i cui più moderni modelli sono dotati di sistema "EYE-TRACKER", in grado di compensare i micro-movimenti dell'occhio senza interrompere il trattamento. Il laser segue automaticamente l'occhio per  un arco di spostamento di 1.5 mm e ne corregge in tempo reale la posizione. In caso di movimento dell’occhio che vada oltre questo limite, il laser si ferma automaticamente. Questo meccanismo ha risolto i fastidiosi problemi di decentramento verificatisi in passato.

Un altro progresso tecnico di rilievo riguarda il sistema di ablazione. I primi laser lavoravano con un sistema "MULTIZONE" che prevedeva la possibilità. di trattare diverse zone ottiche per un miglior risultato correttivo, al prezzo però di un aumento del rischio di "HAZE" (opacità corneale) e la formazione di "ISOLE CENTRALI" (cioè di zone di tessuto in cui il difetto visivo non veniva corretto). La comparsa ed il successivo sviluppo dei nuovi programmi "PLANOSCAN" ha permesso di ridurre i pericoli di opacamento corneale ed il rischio di regressione dopo l'intervento. 

INFORMARE IL PAZIENTE: UN PASSO FONDAMENTALE 

Si sa che la chirurgia rifrattiva può correggere una ametropia per quanto riguarda l’assetto ottico dell’occhio, ma non può rimediare a difetti funzionali qual è, ad esempio, la presbiopia. A parte questa importante limitazione, è possibile affermare che un’operazione PRK o LASIK, nell’adulto opportunamente selezionato ed informato, ha un risultato sempre positivo e tale da dare una notevole soddisfazione pratica, a fronte di un sacrificio, anche economico, abbastanza modesto.

Il paziente miope/astigmatico che volesse sottoporsi a questo intervento deve essere informato, e tenere sempre presente, che il risultato visivo finale dell’occhio operato è legato in maniera assoluta alla funzionalità delle altre strutture dell’occhio stesso, cioè cristallino, retina, nervo ottico. Il visus finale non potrà che essere quello permesso dall’efficienza di queste; la chirurgia rifrattiva non può riparare ai cali di efficienza visiva legati al loro malfunzionamento. In pratica, se il visus di un occhio miope non corretto è ad esempio di 2/10 e con la miglior correzione ottica con lente corneale arriva a 7/10 perché coesiste un’ambliopia, l’intervento refrattivo permetterà di raggiungere i 7/10 senza correzione, ma non di recuperare un visus più alto. Questa può sembrare un’osservazione banale, eppure molti pazienti se ne meravigliano e, se tale aspetto del problema non viene chiarito in maniera sufficientemente energica prima dell’intervento, può generare spiacevoli malintesi.

Questo tipo di equivoco può nascere perché alcuni specialisti sono pronti, per vari motivi, a minimizzare i limiti dell’intervento, sorvolando su rischi e complicazioni, liquidando il colloquio con il paziente alla semplice routine preoperatoria senza troppo soffermarsi su questo tipo di ‘dettagli’.

Un altro aspetto che deve essere attentamente considerato è quello dell’entità del difetto da correggere. Fino a 8-10 diottrie di miopia è generalmente possibile promettere eccellenti risultati: oltre a questo livello si deve essere assai cauti nel promettere la correzione completa e totale del difetto.

Nei pazienti che hanno oltrepassato l’età di 40 anni, o nei quali comunque è insorta precocemente la Presbiopia, si deve altresì specificare che l’utilizzo degli occhiali per distanza verrà compensato dall’intervento, ma che ciò imporrà l’uso di occhiali da lettura, un’evenienza della quale molti si meravigliano.

RISCHI E PERICOLI

Può accadere che un intervento di PRK o di LASIK non abbia il decorso postoperatorio e il risultato più favorevoli; questa possibilità, anche se è statisticamente in continuo e notevole calo, deve essere sempre tenuto presente. Il dolore, il fastidio e il generale senso di disagio che si può avvertire per un giorno dopo l’intervento di PRK è pressoché inevitabile, considerata la dinamica dell’intervento: non deve ovviamente essere di entità insopportabile né protrarsi per più di 48 ore.

La ipo- o iper-correzione del difetto ottico di origine è un’evenienza relativamente comune, ma per differenze rispetto al risultato ottimale che molto raramente superano le 0,5 diottrie, pertanto la loro reale importanza è davvero modesta. Un paziente che residui, dopo l’intervento, una miopia di 0,25/0,5 diottrie non userà comunque gli occhiali, soprattutto se la sua miopia d’origine era relativamente alta, dalle 5 diottrie in su.

Più preoccupante, ma fortunatamente in forte calo ed oggi quasi irrilevante ai fini statistici, è il cosiddetto ‘Haze’, cioè l'opacificazione corneale centrale. E’ stata registrata in una percentuale bassissima di casi (2%) all’inizio della storia di questo tipo di trattamenti, ed era legata in particolare all’uso dei primi laser basati sull’impiego di un gas non stabile, che aveva variazioni anche notevoli dell'energia distribuita dall'emissione del fascio stesso. Di conseguenza, variava anche la sua interazione con il tessuto corneale. L’interferenza sull’attività di riproduzione cellulare, favorita nel caso della PRK dal fatto che in questa metodica viene distrutta la membrana di Bowmann, fa sì che questi stimoli anomali possano creare zone di opacità dovute ad una ricrescita disordinata del tessuto ed alla conseguente opacificazione.

Fortunatamente, tale temibile complicanza, che solo in alcuni casi estremi ha portato fino alla necessità di effettuare una cheratoplastica per sostituire una cornea opacata ma che in altri casi ha dato ai pazienti fastidi notevoli e visus di bassa qualità per molti mesi, è ormai scomparsa grazie all'avvento della cosiddetta ‘terza generazione’, quella dei laser solidi che sono decisamente più affidabili.

Esistono anche patologie corneali che possono sconsigliare o addirittura vietare l’intervento di PRK/LASIK, come il cheratocono, alcune cicatrici corneali estese, leucomi profondi da esiti di ustioni o infezioni, patologie corneali in atto come le cheratiti, le cornee guttate, i pazienti con cataratta glaucoma e maculopatie 

LASIK E PRK A CONFRONTO 

PRK 

ANESTESIA: topica (gocce)

A CHI E' INDICATA: come gli altri interventi di chirurgia refrattiva, questa operazione è indicata per i pazienti che abbiano almeno 18 anni e con un difetto di refrazione stabile da almeno un anno. La PRK corregge la miopia, l'ipermetropia e l'astigmatismo di grado lieve e moderato.

VANTAGGI: La PRK è una tecnica rapida, che non indebolisce in maniera particolare la cornea (al contrario di quanto accade con la RK, la cheratotomia radiale classica) e garantisce una capacità visiva stabile.

GLI SVANTAGGI: in certi casi (soprattutto se il difetto visivo è piuttosto elevato) si possono avere delle opacità nella visione (‘Haze’) che possono durare anche un anno dopo l'intervento. Sono provocate dal fatto che nella fotoablazione viene distrutta la membrana di Bowmann. L'ipo- e l'iper- correzione sono due possibili effetti collaterali. In caso di Ipocorrezione, una volta assestata la cicatrizzazione, si può effettuare un secondo trattamento per correggere definitivamente il difetto rimasto. Il paziente può tuttavia correggere il difetto con occhiali o con lenti a contatto.

In caso di ipercorrezione, se non si tratta di uno "shift" ipermetropico post-intervento (che si può correggere con occhiali o lenti a contatto) si può anche tornare a trattare la cornea con un programma specifico. Il decentramento oggi è raro, come anche gli "aloni" notturni, che sono spariti o notevolmente ridotti grazie alle zone ottiche di trattamento più estese e regolabili individualmente.

PRIMA DELL'OPERAZIONE: i portatori di lenti a contatto morbide devono toglierle almeno 2 settimane prima dell'intervento, in modo da stabilire esattamente il difetto visivo da correggere, i valori cheratometrici e pachimetrici e lo spessore corneale. Per chi porta lenti a contatto rigide o gas-permeabili il periodo si prolunga a 2-3 mesi.

DOPO L'OPERAZIONE: durante la notte subito dopo l'intervento vengono somministrati al paziente antidolorifici orali. L'occhio operato resta bendato per 12 ore, poi può essere utilizzata una lente a contatto terapeutica per 3-4 giorni; può in alternativa essere applicato un bendaggio, da non togliere fino alla totale riepitelizzazione del tessuto. La lente a contatto terapeutica accelera il processo di riformazione del tessuto ablato L'assestamento visivo avviene in 2-3 settimane. Prima di riprendere l'attività sportiva completa (piscina -acqua di mare) è opportuno attendere almeno 2-3 mesi.

LASIK

 

Questa tecnica è più moderna e complessa, ma attualmente appare anche la più valida, almeno per difetti refrattivi di grado elevato. Dalla superficie della cornea viene separata una lamella di tessuto che comprende la membrana di Bowmann ed un primo strato di parenchima corneale, utilizzando uno strumento ad alta precisione chiamato ‘microcheratomo’. Il livello di tessuto raggiunto è lo stroma, e, una volta che si è separato questo flap, il chirurgo può modellare la curvatura dello stroma corneale con il laser, rimettendo poi il lembo al suo posto. Tale procedura viene semplificata se il chirurgo adotta l’accorgimento di non separare completamente il flap dalla cornea ma di lasciarlo attaccato per un punto periferico, una ‘cerniera’. La porzione di cornea tagliata si rimarginerà naturalmente alla cornea, senza bisogno di punti di sutura.

ANESTESIA: topica.

A CHI E' INDICATA: l'intervento effettuato con la LASIK deve essere proposto a pazienti che abbiano superato i 18 anni ed abbiano uno spessore corneale non inferiore a 500 micron, con difetto miopico fino a 12-13 D. Non è corretto proporla per miopie superiori alle 13-14 diottrie.

I VANTAGGI: intervento poco invasivo, che non distrugge la membrana di Bowmann, stimola poco il tessuto corneale, non ha il pericolo dell’opacamento della cornea (con la conseguente diminuzione della vista) e non causa alcun dolore durante o dopo il trattamento, con un recupero visivo già soddisfacente il giorno successivo l'intervento.

GLI SVANTAGGI: è una tecnica molto avanzata, che viene praticata in pochi centri specializzati. Deve essere effettuata solo da chirurghi esperti e dotati dello strumentario della più alta qualità.

PER I MIOPI ELEVATI

PREMESSA ANATOMO-PATOLOGICA

Il miope elevato (oltre le 12-14 diottrie) è un paziente, per l’oculista, sempre a rischio. I molti limiti funzionali e le zone di debolezza anatomica del suo occhio pongono problemi importanti, non solo in vista di un intervento di chirurgia refrattiva. In particolare l’assottigliamento della retina e della sottostante coroide (direttamente correlati al progressivo allungamento e sfiancamento della sclera) portano ad un notevole calo della resistenza di tali tessuti, con i problemi che ben si conoscono. Sarebbe dunque comprensibile mantenere un atteggiamento decisamente prudente su questi pazienti, evitando di incoraggiarli ad affrontare procedure che, sui loro occhi, potrebbero comportare rischi maggiori del solito ed aumentare la probabilità di complicanze.

D’altra parte, è parimenti comprensibile il desiderio di questo paziente, oppresso sin dall’infanzia dalla continua necessità di indossare pesanti e complesse (per non dire imbarazzanti!) correzioni, di eliminare qualsiasi presidio ottico con un intervento. E’ giusto quindi offrire loro delle procedure che diano garanzie di un buon risultato senza comportare rischi troppo elevati. Ovviamente qualsiasi procedura su un occhio di miopia elevata dovrà essere preceduta da una visita oculistica particolarmente accurata, con esame della periferia retinica accompagnata dagli eventuali trattamenti laser che dovessero essere necessari e, in caso di problemi, anche da una fluorangiografia che faccia meglio apprezzare le condizioni circolatorie retiniche.

Come si è già detto, le tecniche di chirurgia refrattiva con laser a Eccimeri esauriscono le loro possibilità al livello di 12 diottrie circa. Oltre questo limite si può ricorrere ad altre metodiche,  che sono del tipo ‘a bulbo aperto’.

LENSECTOMIA

Come avviene per la rimozione di un cristallino catarattoso nel corso dell’ormai comune operazione di cataratta, la ‘Lensectomia’ comporta l’apertura della Camera Anteriore dell’occhio mediante esecuzione di una breccia alle ore 12; una volta che è possibile inserire il cistotomo e quindi il facoemulsificatore il cristallino viene frammentato, sciolto con ultrasuoni e quindi aspirato. Nel sacco capsulare così vuoto viene inserita una IOL (Lente intraoculare) di potere calcolato in maniera da neutralizzare la miopia. Sapendo che il cristallino ha un potere diottrico di circa +18 diottrie, è chiaro che per compensare una miopia ad esempio di –7 si potrà inserire nell’occhio una lente +11 ottenendo, come risultato, l’emmetropia. 

L’intervento è di ottima riuscita e generalmente consigliato a miopi elevati con impossibilità di portare lenti corneali e che comunque abbiano una condizione retinica e coroideale tale da non dare rischi eccessivi nel corso dell’intervento. Ma i rischi intrinsecamente legati alle debolezze di questi occhi e il fatto che si tratti comunque di un intervento a bulbo aperto ne restringe notevolmente le indicazioni rispetto alle più affermate e moderne tecniche con laser a eccimeri.

IMPIANTO DI LENTINE INTRAOCULARI (ICL)

Se non si vuole rimuovere il cristallino, è possibile inserire nell’occhio una lente di potere refrattivo adatto, che diventa come una lente a contatto ‘interna’. Possono essere inserite nella camera anteriore dell'occhio tra la cornea e l'iride, oppure fra iride e cristallino. L’anestesia è locale con iniezione parabulbare. Può anche essere effettuata in ‘topica’, con instillazione di collirio anestetico. Tale metodica è però discussa per la possibilità d’infiammazioni, la necessità di rimuovere la lente per reimpiantarne un'altra in caso di cataratta, etc, con rischio d'infiammazioni e di glaucoma secondario.

CONCLUSIONI

La Chirurgia Refrattiva, allo stato attuale, non è una singola entità monolitica, ma un insieme di metodiche atte a permettere al paziente ametropie (soprattutto miope ed astigmatico) di eliminare definitivamente la correzione ottica a distanza. In questo, le varie procedure fin qui esposte hanno dimostrato di offrire buoni risultati con disagi limitati per il paziente, e con costi generalmente abbastanza contenuti.

Nell’affrontare la decisione di sottoporsi a questo tipo di intervento è necessario avere bene presenti i vantaggi, i limiti e i possibili rischi cui si va incontro, sommariamente elencati fin qua nel testo. Una regola aurea è quella di sottoporsi all’intervento quando si ha una vera e forte motivazione psicologica, che è tipicamente quella del miope di medio-alto livello (dalle 5 diottrie in su) che non ama gli occhiali e che inizia a sviluppare una intolleranza alle lenti corneali. In questo caso, smettere di portare le lenti e ritornare agli occhiali può essere un grosso sacrificio, ed ecco, allora, che la PRK o la LASIK acquisiscono un valore indiscutibile, tale da qualificare questi interventi come procedure ormai quasi ‘di routine’ sui miopi giovani e dinamici. Con il consiglio dello specialista il paziente potrà quindi trovare la soluzione più indicata per i suoi problemi e giovarsi del sensibile progresso compiuto da queste metodiche nell’ultimo lustro.   

Dott. Stefano Pasini, 12.02.2001

 

Un eccellente ottotipo ‘dinamico’:

       

http://www.surgicaleyes.org/eyechart/eyechart.htm

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