Difficile dire se questa ammiraglia Hyundai
nasca da un anelito ai massimi sistemi o invece da un puro e semplice
complesso di inferiorità. L'industria automobilistica coreana ha seguito
fedelmente la lezione dei costruttori giapponesi, spesso nati dal nulla,
magari come costole di enormi, poderosi imprese di costruzione navale
piuttosto che edile o metalmeccanica. Da queste enormi imprese, le branche
nate per costruire automobili, motociclette o veicoli commerciali hanno
tratto sin dall'inizio grandi disponibilità finanziarie, una cospicua
capitalizzazione e risorse tecniche molto generose. Questo ha portato,
dopo l'inevitabile fase iniziale caratterizzata da prodotti sin troppo
utilitari, goffi, poco attraenti, ad una rapida maturazione; poco per
volta, anzi si potrebbe dire piuttosto velocemente, le automobili coreane
sono diventate sempre più interessanti e complete, il tutto sulla base di
una affidabilità totale che ha favorito la creazione di una rassicurante,
solida base di mercato. Per tutti coloro che sono poco interessati
all'estetica pura di un'automobile, chiedendo invece come qualità
principale l'affidabilità al di sopra di ogni cosa, le Hyundai sono
diventate i simboli indiscutibili di un rapporto qualità- prezzo
semplicemente inattaccabile. Bisogna peraltro riconoscere che fino
adesso i tentativi di migliorare la parte stilistica di queste automobili
è naufragata in una incomprensibile sovrapposizione di stili per cui molte
auto coreane ricordano la vecchia battuta preferita di Alec Issigonis, ‘a
camel is a horse designed by committee’. In soldoni, il cavallo è un
purosangue elegante che non può che essere disegnato da un personaggio
unico ricco di fantasia e di stile, che non insegue compromessi ma solo la
pura bellezza, mentre ogni ottuso componente di un comitato vuole
aggiungere qualcosa per soddisfare le più diverse esigenze e finisce
quindi con il creare un cammello, animale lodevole ma perlomeno
disarmonico. Avete mai visto un bel gasometro….?

Non importa: le vendite di Hyundai, come degli
altri prodotti della stessa regione, si sono meritatamente guadagnate
fette di mercato sempre più rilevanti. Il pubblico ha imparato ben presto
ad apprezzare lo straordinario rapporto qualità-prezzo di queste vetture,
dalle utilitarie fino alle berline e alle station wagon di medio livello,
l’estensione della garanzia a tempi infiniti, l’affidabilità a prova di
Panzerfaust o addirittura di mamma con bambini e cani, che è
anche peggio. Grazie ad una ottima versatilità di insieme, e a un buon
fiuto nell’individuare i segmenti di mercato dove posizionarsi, i coreani
sono oggi una realtà importante livello commerciale, e con sette lunghi
anni di garanzia, rappresentano automobili ideali per il consumatore.
Il buon successo commerciale nelle fasce basse e medie del mercato
rappresentavano però una situazione che, più che altro a livello
simbolico, nessun costruttore di automobili è disponibile a sopportare
senza fare almeno un tentativo di elevazione sociale. Certo, vi presentate
bene con dei vestiti generici, ma un abito di Stefano Ricci è un biglietto
da visita diverso, no? La produzione di una ammiraglia non è solamente il
tentativo di esplorare una fetta di mercato piccola ma ricca e
potenzialmente molto profittevole per chiunque; è una dichiarazione
d'intenti, di volere elevare il livello della propria Casa al di sopra di
quella che, fino a quel momento, è stata una produzione relativamente
utilitaria. Dal momento che il blasone però non lo si crea dall'oggi al
domani, si possono usare due strategie per introdursi a questi livelli: il
primo, già ampiamente sperimentato da molti altri fabbricanti, anche di
ottimo livello, e quello di acquistare un marchio blasonato ma in
difficoltà e di rilanciarlo come parte del proprio impero: è il caso di
varie Case europee che si sono evoluti in questo senso, e non si parla di
ripieghi: BMW con Rolls-Royce o VW con Bentley o Bugatti, per esempio. (Si
taccia, per pudore, di Mercedes e Maybach). Una seconda strada è quella di
creare ex novo un brand autonomo dichiaratamente di alto livello come ha
fatto Toyota con Lexus, o Nissan con Infinity. C'è una certa somiglianza
con queste operazioni nella creazione di questa Genesis, che rappresenta
in pratica l'ammiraglia della Hyundai.

Qualsiasi strada un fabbricante decida di seguire per iniettarsi una
robusta dose di prestigio in concessionaria, la base oggi deve essere
solidamente tecnologica: le ammiraglie, ora, non sono più semplicemente
veloci salotti confortevoli tutti rifiniti in pelle e radica. Sono molto
di più: contengono processori, computer, sensori, sistemi elettronici
audio-video di comunicazione con i quali, cinquant'anni fa, si poteva
molto probabilmente arrivare fin sulla Luna. Non che tutti abbiamo di
queste aspirazioni, ma la presenza di tanta potenza di calcolo deve
servire soprattutto, immaginiamo, a fare dormire sogni placidi e
tranquilli agli ingegneri di Seoul. Per questa ragione aprire la porta di
una di queste macchine impone di routine un piccolo briefing preliminare,
ci si avvicina con qualche diffidenza. Certo, è ormai raro, ormai, che ci
si debba abbassare al livello di premere un tasto col telecomando, troppa
fatica per una presunta generazione 2.0, basta avere il trasmettitore in
tasca e fa tutto lui. Comodo ed elegante, i ladri tecnologicamente più
avanzati ringraziano della facilitazione. Ma soprattutto, funzionerà? Non
c’è nulla di più frustrante, in chi acquista queste complicate astronavi
stradali con l’intento di fare bella figura con la bourgeoisie,
di avvicinarsi all’auto, tentare di aprire e non succede nulla. Con le
Jaguar XJ12 di una volta tutt’al più si ingolfavano un paio di cilindri,
era comunque tutto più eroico e scenografico. Qui si rischia di rimanere
schiavi di due CPU e della solita preistorica batteria da 150 Euro.
Avendo accertato che è possibile, eventualmente, entrare nell'auto, è
opportuno dare un'occhiata all'esterno. La linea della Genesis è piuttosto
interessante, soprattutto intellettualmente, perché è una perfetta vetrina
del pensiero coreano. Stavolta, anziché copiare una automobile di
prestigio europea, i coreani hanno deciso di fare le cose per bene, ab
originis: e hanno dunque ingaggiato uno stilista tedesco che si è fatto un
nome all'Audi, cioè Peter Schreyer. Ci piace pensare che all’atto di
fargli apporre una firma sulla riga in fondo al contratto, sotto ai
(presumibili) vari zeri della prebenda, i dirigenti Hyundai gli abbiano
verosimilmente spiegato che desideravano avere da lui una berlina di
rappresentanza di alto livello, esplicitando la loro ammirazione per il
suo lavoro precedente presso una certa Casa bavarese, probabilmente anche
suggerendogli una paletta di automobili di grande prestigio alle quali
poteva, se necessario, ispirarsi senza che la dirigenza della Hyundai
trovasse nulla da ridire. E così è comparsa sullo schermo dei VDT questa
berlina che Schreyer ha firmato con piacere, una grossa berlina piuttosto
ben equilibrata nella quale il frontale, con la sua voluminosa calandra,
ricorda da vicino le ultime cose da lui create all'Audi mentre il
posteriore è fortemente reminiscente di altre auto: se vogliamo essere
clementi ricorda la ultima Jaguar XJ, i più equanimi ci vedono molta
Citroen C5. Niente di male, in fondo stiamo parlando di una automobile
molto interessante in tutti i casi, il rapporto dei volumi è
sufficientemente bilanciato, la linea della fiancata è anche abbastanza
lineare e per fortuna non ci sono quei violenti spigoli deformi, quei
gruppi ottici posteriori puntuti e mezzo gotici che invece appesantiscono
sempre di più certe ammiraglie giapponesi direttamente concorrenti. Ogni
riferimento a Lexus è assolutamente casuale.

Avendo già dato un'occhiata delle specifiche tecniche che sono sicuramente
di alto livello, con un bel motore 3,8 litri e trazione integrale, ci si
può divertire a studiare la complicazione di questi sistemi. Preparatevi
quindi a studiare AEB, SCC, BSD/RCTA, LKAS, TPMS…. o forse si può ignorare
il tutto e goderne i frutti senza emicranie. Come si diceva prima, ormai
in un'auto di questo livello è del tutto normale offrire al cliente il più
colossale equipaggiamento tecnologico che è disponibile presso i grandi
fabbricanti di componentistica e di sistemi, con qualche inevitabile
difficoltà nell'armonizzazione del tutto, ma con ovvi benefici in termini
di completezza dell'offerta e di godibilità della vettura. Per questa
ragione, fare una lista di quello che si trova all'interno della Genesis
sarebbe veramente noioso, diciamo in breve: c’è tutto. La Genesis accoglie
i suoi utenti persino proiettando per terra il suo simbolo quando ci si
avvicina (potenza del wireless) e modulando un'allegra nota di benvenuto
quando si entra e si chiude la portiera. La nota cala invece in un
lamentoso tono minore quando si spegne l'auto e si esce, segno tangibile
del cordoglio dell'auto abbandonata dall'amatissimo guidatore. Per
indicare alcune delle 'altre' cose più significative, ricordiamo il radar
di prossimità, i sistemi automatici di marcia e di arresto, un
completissimo sistema elettronico audiovideo con navigatore, telefono
Bluetooth integrato, telecamere per parcheggio con varie vedute e così
via, in un florilegio di equipaggiamenti la cui esplorazione richiederebbe
un tempo piuttosto esteso. Il tutto, va detto, con un'interfaccia
inevitabilmente molto complessa ma non poi impossibile da manovrare
neppure per chi vuole, nella migliore tradizione dei giornalisti
dell'automobile, salire su un'automobile e guidarla senza nemmeno sapere
se esiste un libretto d'istruzioni. A dire il vero in questo caso il
libretto d'istruzioni digitale è presente ed è accessibile attraverso il
menu del navigatore, ma per arrivarci avete bisogno… di avere letto,
prima, il manuale di istruzioni. ‘Comma 22’, al suo più alto
livello. Ma come va su strada questa grossa, ricca berlina? Diciamo che
ci sono luci e ombre; e anche che, perché no, che le prime superano le
seconde. Il motore è, quasi inevitabilmente, silenziosissimo e si avvia
premendo un bottone accanto al piantone dello sterzo. Il bottone esiste
non in quanto eco romantico di come si metteva in moto una Bristol del
1953 ma piuttosto perchè, non essendoci più una chiave per aprire le
porte, sarebbe stupido fornirne una solo per avviare il motore. Su un
berlina così il bottone di metallo spazzolato non ci piace, ma è la moda,
bellezza. Il cambio seleziona le sue otto marce in maniera pressoché
inavvertibile e la marcia è da subito molto piacevole, anche se con uno
sterzo fin troppo leggero alle basse velocità. Le prestazioni del motore
sono buone, il 3,8 litri è relativamente brillante e il cambio migliora
con l’uso, forse non è migliore del ZF delle sue dirette concorrenti
tedesche, però nella marcia cittadina e/o autostradale è molto progressivo
e confortevole. Sul settaggio delle sospensioni, a proposito delle quali
viene esibita con grande orgoglio la firma della Lotus, sicuramente ci
sarà invece da ripensare qualcosa; l’impronta generale di questa grossa
berlina è giudiziosamente sottosterzante, ma ogni tanto nell’affrontare
una curva stretta in velocità la Genesis sembra piantarsi un po' di muso,
il che, in unione a un servosterzo fin troppo aggressivo a bassa velocità
e estremamente diretto nelle sue reazioni, crea qualche perplessità.
Insomma, inutile illudersi che questa sia una specie di Panamera
orientale, siamo più vicini a una Lexus 300 meglio riuscita esteticamente,
e già non è male. L'intervento del radar di prossimità in autostrada e
a volte un po' eccessivo, ma nell'insieme l'integrazione fra tutti sistemi
elettronici di bordo è molto buona, cosicché sui viaggi lunghi molte
funzioni possono essere tranquillamente delegate agli automatismi di bordo
senza troppi pensieri. Inutile dire che impianto stereo, climatizzazione
così via sono eccellenti, e una volta che si impara a gestire un po' la
coabitazione fra lo schermo touch-control e le varie rotelle dei tasti di
selezione, l'operazione è anche piuttosto semplice. È da applaudire l'idea
che alcune di queste operazioni, tipo accoppiare il telefono al sistema di
bordo, possono essere fatte solo vettura ferma, col cambio in Drive. Il
rumore aerodinamico è estremamente contenuto, ogni tanto si sente un po'
il rotolamento di pneumatici ma questo è dovuto a una gommatura di profilo
e sezione esagerate, forse sin troppo sportive (certamente in nome
dell'estetica) per una berlina a vocazione sostanzialmente abbastanza
tranquilla e confortevole come dev'essere questa.

Per qualche ragione, ma senz'altro la colpa è dal troppo breve tempo di
prova a nostra disposizione, non siamo invece riusciti a trovare una
posizione di guida decente che potesse poi essere successivamente
riportata alla successiva riaccensione della vettura. Una delle tante
caratteristiche di questa macchina è infatti anche avere un sedile per la
‘easy entry’, che cioè quando spegnete si tira tutto indietro e
si abbassa per facilitare ingresso e uscita a anziani, artritici e obesi
vari. Un problema senz’altro sentito in USA, meno da noi dove questo
continuo scivolare avanti e indietro è una continua irritazione. E’
certamente possibile disinserirlo, ma per farlo bisogna scendere parecchi
menu, sottomenu, opzioni e scelte minute che ricordano la discesa nel
labirinto di Cnosso, sapremo poi tornare indietro? Non è che fra questi
sottomenu stiamo selezionando anche ‘bloccare auto per sempre,
ovunque, irreversibilmente’? Intimoriti, lasciamo il tutto allo
status quo ante, sentendoci molto Mr Bean nello scivolare impotenti avanti
e indietro a ogni avviamento, maledicendo il manager coreano, sicuramente
obeso, che l’ha fatto mettere in produzione. Alla fine così ci si trova
sempre un po' infossati come in una trincea o, alternativamente, troppo
alti come i leggendari ‘homme pétard’ delle automotrici Bugatti;
complici i montanti piuttosto voluminosi del padiglione, non sempre ci si
trova a proprio agio. Bellissimo è invece il tetto in cristallo, apribile
e orientabile, grande come quello delle carrozze panoramiche delle
Rhatische Bahn; degno di GoogleView è poi il sistema di telecamere
periferiche, la cui prospettiva viene rielaborata in modo da fornire sul
monitor di bordo una magnifica visione dall'alto. Fa pensare di avere un
drone personale, invisibile ma permanente che sorvola la Genesis di
continuo per fornire una panoramica completa di ogni parcheggio, strisce e
colonne comprese.

Non abbiamo naturalmente potuto provare cose ormai relativamente
marginali come la velocità massima (non siamo nemmeno riusciti sul sito
Hyundai a trovare quanto la Casa dichiari) o la performance sulla neve, ma
non abbiamo alcun dubbio che tutto ciò che la Hyundai dichiara è
sicuramente affidabile e ripetibile; sulla serietà di questi costruttori
non è possibile discutere. Se non altro, Hyundai e colleghi Far East sono
nati e cresciuti confrontandosi giorno dopo giorno con clienti non certo
alla ricerca di uno status symbol ma piuttosto desiderosi di
avere prodotti solidi, seri, in grado di mantenere sempre e comunque le
proprie promesse. A loro, di taroccare il software di un Diesel non
sarebbe mai venuto in mente anche perché nessuno gliel’avrebbe mai fatta
passare liscia per anni….. Da molti punti di vista, la Genesis non
delude. Ha ancora bisogno di essere evoluta nell'estetica, che dovrà
diventare più personale, ricordando di meno l'Audi davanti e una grossa
Citroen di dietro; si dovranno integrare meglio alcuni dettagli
dell'interno, di armonizzare qualcosa nella posizione di guida, fare
insomma un po' di quel lungo processo di affidamento che ha fatto
diventare grandi, nel corso di decenni, le grosse Jaguar 'XJ' o le
Mercedes ‘S-Klasse’. Per questo tipo di processo sarà senz'altro
prezioso il gusto di un grande (ma ancora non abbastanza riconosciuto)
designer qual'è Luc Donckerwolke, ex-Lamborghini, ex-Bentley e ora
destinato a succedere proprio a Schreyer. Per ora, in questa Genesis si
trova un prodotto di alta qualità, con un prezzo decisamente ragionevole,
ricchissimamente equipaggiato e di grande qualità complessiva. Se vi piace
il lusso invisibile, e non vi rassegnate a portarvi a casa una VW Phaeton,
avete trovato l'auto che fa per voi.
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