Stefano Pasini

 

 

Jaguar XJ40-XJ6 (1992)

 

 


Jaguar XJ40: La Storia


È stata l'ultima Jaguar prodotta dalla casa di Coventry quando era completamente inglese, prima dell'arrivo della Ford. Rappresenta quindi uno spartiacque tra due mondi, o più tecnicamente fra le serie antiche delle classiche berline a carburatori e senza elettronica e un futuro fatto di sistemi molto più completi e complessi; la XJ40, anche solo per questo, deve quindi essere considerata una svolta importante nella storia della Jaguar. Non molti però conoscono la sua storia, e adesso che è in atto un modesto revival di questo interessante modello vale la pena di ripercorrerne la strada.

Jaguar XJ6

Jaguar XJ6 Series 1 (1968)

 

E' necessario ricordare che la Jaguar, indipendente fino al 1965, si unisce alla British Motor Corporation (BMC) in quell'anno formando la British Motor Holding (BMH) la quale poi diventa nel 1968 British Leyland Motor Company (BLMC). La Jaguar soffre della centralizzazione delle decisioni prese dai dirigenti, spesso decisamente incompetenti, che vorrebbero omologare il più possibile la produzione di tutte le Case riunite sotto all’ombrello BLMC; la situazione dell’intero Gruppo è peraltro molto precaria e peggiora nei primi anni ’70. Quando nel 1975 appare il famoso rapporto ‘British Leyland: The Next Decade’ stilato da Sir Don Ryder (capo del National Enterprise Board) e dai suoi collaboratori, la sorte del Gruppo, piagato da inefficienze e scioperi continui, è segnata. La successiva divisione in tre ‘spezzoni’ non migliora la situazione della Jaguar, che manca di capitali che sarebbero necessari a rilanciare i nuovi progetti; fra questi arranca ormai da tempo proprio quella che dovrebbe essere la nuova versione della fortunata berlina di punta ‘XJ’, la cui prima versione era stata presentata nel 1968.

Fino a quell'anno, la Jaguar è un'azienda che produce automobili molto rispettate di impronta fondamentalmente sportiva. Per meglio dire, sono i suoi modelli più sportivi quelli che guadagnano le prime pagine dei giornali, vincono sui circuiti, registrano eccellenti numeri di vendita mentre le quattro vittorie alla 24 Ore di Le Mans danno lustro a una Casa nata immediatamente prima della seconda guerra mondiale con pretese ancora abbastanza limitate. Dopo la guerra il cambio al nome ‘Jaguar’ (‘SS’ era ritenuto commercialmente impegnativo nell’immediato postbellico….) e una graduale ascesa continua in termini di fama, opulenza e prestazioni mantenendo però sempre prezzi relativamente concorrenziali.

In Italia, dove la percezione del marchio Jaguar è sempre stato legato ad un profilo piuttosto alto, di lusso e moda, rendendola un accessorio pressoché indispensabile per ricchi e aristocratici dell'epoca, può stupire che invece in Inghilterra queste berline fossero guardate in maniera un pochino meno sacrale, tanto che venivano etichettate da qualcuno, con un certo disprezzo, come le ‘Bentley di Wardour Street’, riferimento a una strada non esattamente elegante di Soho. Ciò nonostante, nessuno poteva negare che il livello di equipaggiamento, lusso e rifinitura complessiva delle berline Jaguar degli anni ‘50 e ‘60 fosse molto elevato, ma tutte queste, fino alla '420', mancavano della felina eleganza complessiva dei modelli sportivi.

La XJ ribalta questa concezione e per questo è da ritenere una pietra miliare nella storia delle berline della Casa di Coventry. Questa ampia, bella berlina dalle proporzioni perfette è affascinante sia dal punto di vista meccanico (monta la versione 4,2 litri del celebre sei cilindri in linea bialbero derivato dalle D-Type trionfatrici a Le Mans) sia, soprattutto, dal punto di vista estetico. E’ un’automobile bellissima sia fuori che dentro, dove dominano i classici temi del legno e cuoio pregiato, e le vendite hanno una esplosione immediata portando a un traguardo di ben 98.227 unità consegnate dal 1968 al 1973 (che includono poco più di 4.000 esemplari con il poderoso motore V12, comparso nel 1972.)

Anche quando l'arrivo di nuove normative per il mercato americano, che mettono sostanzialmente fuorilegge il basso paraurti anteriore della 'Serie 1' e obbligano quindi a passare, nel 1973, a un muso ridisegnato, possono frenare il successo della XJ; il nuovo modello è forse ancora più bello e aggressivo e permette di continuare in una marcia trionfale di vendite che rappresenta una vera catena di successi per la Jaguar.


Jaguar XJ6 Series 2 (1977)

 

La ‘Serie 2’ non ripete il risultato straordinario di vendite della precedente per varie ragioni che possono essere fatte risalire sia al momento di forte crisi petrolifera che alla non buona qualità di costruzione complessiva dell'automobile. I tanti limiti di affidabilità generarono una complessiva sfiducia dei clienti, anche dei più tradizionalisti, nei confronti di questo marchio. Per questa ragione, nei sei anni della sua produzione (1973-79) questo modello arrivò a totalizzare poco più di 77.400 unità prodotte, certamente un buon risultato ma lontano da quello che avrebbe potuto essere se non ci fosse stata la crisi dello Yom Kippur e se i clienti non si fossero trovati spesso appiedati con i difetti più strani, solitamente di natura elettrica.

Una derivazione molto interessante della XJ classica è stata poi la berlina a due porte o Coupé (‘XJC’, da non confondersi con la ‘XJS’); un modello senz'altro di grande classe, prodotta peraltro in numeri ancora più limitati, poco più di 10.000 unità. Anche questo modello conobbe parecchi problemi; in questo caso la struttura della carrozzeria, caratterizzata dall’assenza del ‘pillar’ centrale, era molto elegante ma piagata da rumori d’aria e infiltrazioni d’acqua eccessive per quel livello di prezzo. Si può dunque parlare legittimamente di un bellissimo concetto che non venne sviluppato adeguatamente all'epoca, per ragioni facilmente intuibili.

Che la British Leyland dell'epoca fosse gestita da persone degne di un ospedale psichiatrico è ampiamente documentato dai tanti libri scritti sull'argomento. A confermare questa idea c'è la storia, lunghissima, complessa e a tratti schizofrenica proprio dello sviluppo di quella che sin dall'inizio doveva essere la XJ ‘definitiva’, quella cioè che doveva sostituire la ‘Serie III’ con tutta una progettazione e realizzazione di ben più alto di livello.

Jaguar XJ6

Jaguar XJ12 Coupé (1978)


Siamo infatti, in quegli anni (la 'XJC' venne prodotta dal 1973 al 1978, praticamente come la ‘Serie 2’ berlina), all'apice della disorganizzazione ai limiti del criminale che stava distruggendo dall'interno la British Leyland; non c’era alcun controllo di qualità e quando arriva nel 1979 la ‘Serie III’, nonostante gli sforzi di Pininfarina per rendere più attuale e più piacevole ancora la linea della vettura, basandosi sul modello a passo lungo, l'accoglienza del pubblico è a dir poco tiepida. Non c'è dubbio che anche questa nuova XJ sia bella e elegante, le motorizzazioni sono le classiche a 6 e a 12 cilindri, le varie versioni garantiscono livelli crescenti di lusso e allestimenti interni, ma l'affidabilità rimane problematica, e ciò ch'è peggio, tutti lo sanno. Per questa ragione proprio in quegli anni ci si mise a pensare che era necessario ripensare profondamente l'intera XJ per proiettarla negli anni ‘80 con nuovi livelli di stile e affidabilità.

Jaguar XJ6

Jaguar XJ6 Series III (1988)

 

Cosa c'è di male in tutto questo? Qualcuno osserverà che questa sembra una cosa lodevole. Il fatto è che, se i presupposti iniziali (cioè la volontà di un rilancio della famiglia ‘XJ’ progettando una nuova vettura più moderna e al passo coi tempi) viene interpretata da alcuni come la necessità di voltare completamente le spalle al classico stile Jaguar, e applicando invece certe soluzioni tipiche degli anni ‘70 che vedono la loro incarnazione più perfetta (si fa per dire) nell’Austin Princess disegnata da Harris Mann. Quindi non più linee morbide, sinuose; basta con legni pregiati, pelle cucita a mano, strumenti analogici; non più trazione posteriore con sospensioni a ruote indipendenti che ricordano le glorie sportive della Casa di Coventry. L'idea (certamente folle) è di fare una linea completamente nuova e spigolosa, all'interno usando materiali sintetici con schiume plastiche e tessuti di colori sgargianti, strumentazioni digitali magari parlanti (all'epoca se ne parlava già per la Allegro), trazione anteriore per omologare il gruppo motopropulsore su un numero maggiore possibile di vetture del grande gruppo automobilistico inglese. La Ogle propone nel 1978 una carrzzeria 'innovativa' per la base meccanica della Princess; anche questa viene valutata in BL come una possibile nuova XJ (!) E' giusto riproporre qualche immagine di quelle vetture per meglio capire a cosa scampò la Jaguar in quegli anni.....


Austin Princess 1800 (1975)


Wolseley (1975)

OGLE Princess (1978)

Descritto così, sembra un incubo, e per un certo periodo è stato qualcosa di più vicino alla realtà di quanto non si possa immaginare. La pattuglia di giovani presunti rivoluzionari che in quell'epoca stava distruggendo con queste idee assurde l’industria motociclistica e parte di quella automobilistica inglese andò molto vicino, in quei momenti, a fare passare una soluzione del genere per la creazione della nuova berlina Jaguar, quella che si pensava dovesse uscire a metà degli anni ‘70 per prendere il posto della ormai invecchiata XJ. Fortunatamente, le ‘Old Hands’ di Coventry rifiutarono di cedere a questa ondata di presunta innovazione e mantennero uno stretto controllo sui parametri fondamentali della nuova vettura; le prime 'XJ40' (nome in codice adottatosi nel giudizio degli anni 70 per questo nuovo modello) sono molto lontane da quello che diventerà poi la vettura finale, ma certamente non assomigliano ad una Austin di Harris 'Allegro' Mann.
Man mano che i problemi della British Leyland diventano più gravi, perde dunque favore e consistenza il partito dei giovani rivoluzionari dissennati, la palla torna in mano ai dipendenti di una volta della Jaguar e a William Lyons, i quali, realisticamente, capiscono che il problema della XJ non è certamente la linea, che è ancora molto apprezzata; le vendite infatti proseguono su livelli accettabili proprio grazie a questa eleganza, alle ottime prestazioni stradali e all'uso generoso e sapiente dei legni pregiati e della pelle, questi sono infatti tre principali argomenti di vendita delle Jaguar, al contrario di quanto voleva sostenere qualche rivoluzionario. Il risultato della lunga, estenuante trattativa interna al gruppo è che la nuova XJ avrà una linea molto simile a quella della 'Serie III', solo relativamente modernizzata e aggiornata, ma cercando di far coesistere legni, cuoio pregiato e elettronica dell'ultima generazione.
Jaguar XJ6

Raro prototipo di XJ Coupé su scocca della Series 1

 

Lo sviluppo del ‘progetto XJ40’, come viene definito internamente alla British Leyland, prosegue alla fine degli anni ‘70 e poi all'inizio degli anni ‘80 fra mille discussioni e cambi di direzione che rappresentano bene il disastroso clima di conflittualità strisciante, ma talvolta anche piuttosto esplicita, che caratterizzava il grande gruppo inglese in quel periodo. È stato raccontato altre volte come i progettisti della Triumph Stag abbiano concepito il vano motore in maniera tale che non si potesse installare l'odiato otto cilindri di derivazione americana della Range Rover; una cosa piuttosto inspiegabile considerate le eccellenti qualità di questo motore. Non molti sanno che la stessa cosa venne fatta anche in casa Jaguar, e sempre per la stessa ragione. Effettivamente, tutto questo fece sì che la Triumph potesse conservare il proprio motore e la Jaguar montare una riedizione del classico sei cilindri in linea, la configurazione ritenuta architettonicamente più giusta, senza doversi piegare al V8 di derivazione Buick, per loro 'odioso' (ma in realtà eccellente); anche se poi il rovescio della medaglia apparve quando si dovette, per comprensibili ragioni commerciali ma anche di orgoglio di marca, trovare lo spazio per installare il voluminoso 12 cilindri. Un clima, insomma, difficile, in cui le singole marche riponevano ben poca fiducia nelle qualità intellettuali e nelle prospettive commerciali di una dirigenza centrale vista come sempre più lontana e inetta, sicuramente non senza ottime ragioni. Nel frattempo si proseguiva a produrre, con alterni successi, la ‘Serie III’ che arriverà alla fine della sua carriera solo nel 1992, totalizzando quasi 133.000 unità, peraltro spalmate su quasi 14 anni.

All'inizio degli anni ‘80, comunque, la Jaguar ha recuperato una discreta libertà di manovra all'interno del gruppo e può iniziare a finalizzare il progetto ‘XJ40’ secondo il concetto classico dello stile Jaguar: motore a sei cilindri in linea in posizione longitudinale anteriore, trazione posteriore, ampia scocca elegante con quattro porte, interno sontuoso con abbondante uso di pelle e legni. La volontà di conservare un forte sapore tradizionale è basato sulla linea classica della ‘XJ’, anche se si tenta una certa modernizzazione rendendo sia il muso che la coda un po' meno tondeggianti, adottando linee più tese e installando nel frontale dei fari con un andamento più squadrato. La 'XJ40' è ritenuta fra l'altro l'ultima Jaguar sulla quale interviene, sia pure in maniera marginale, il fondatore William Lyons, che morirà nel 1985. L'interno viene mantenuto entro linee piuttosto tradizionali, ma si provvede a modernizzare (leggi:complicare) il sistema di climatizzazione dell'aria, il disegno della plancia, della strumentazione e del volante.

Le novità più importanti si trovano nell'area tecnica, a partire dal ridisegno del classico sei cilindri che viene dotato di testata a quattro valvole e di iniezione elettronica, ormai indispensabile per la conformarsi alle normative mondiali sulle emissioni chimiche. Molti altri componenti vengono a loro volta sviluppati e modernizzati, adottando vari sistemi elettronici di bordo i quali sono a loro volta monitorati da un innovativo sistema denominato ‘VCM’ ('Vehicle Condition Monitor'), che nella prima XJ40 viene reso clamorosamente visibile con una specie di schermo di tipo televisivo inserito nel quadro degli strumenti principali. Questa modernizzazione di tutti i sistemi di bordo è un possibile tallone d'Achille e i responsabili del progetto lo sanno bene: per tale ragione cercano di identificare e quindi eliminare tutti i difetti possibili del nuovo modello, facendo percorrere ai prototipi della XJ40 centinaia di migliaia di chilometri nei climi più diversi, dal caldo torrido al freddo gelido.

Lo sviluppo della 'XJ40' diventa, dal 1983, sempre più veloce: finalmente viene fissata la data di presentazione, alla fine del 1986. Nell'autunno di quell'anno la XJ40 viene finalmente presentata a livello mondiale, e la stampa internazionale ha la possibilità di provarla in Scozia sulle strade vicino a Dunkeld. La XJ40 è accolta molto bene, e l’idea che sotto a quel vestito classicamente inglese e molto Jaguar ci sia una tecnologia veramente moderna attira molto. Le vendite iniziano bene, anche se, nonostante tutto, l’affidabilità dà inizialmente molti grattacapi.

 




Numeri di produzione XJ40 (1983-1986 prototipi e preserie)



Decodificare i numeri di telaio di XJ40-X300

 

Si possono facilmente identificare due serie principali della Jaguar ‘XJ40’, anche se in realtà si può dire che queste sono addirittura tre. La prima è quella presentata nel 1986, il modello di punta ha motore 3,6 litri mentre il modello più economico ha motore 2,9 litri. Il numero di telaio d’inizio serie è il 500001, assegnato nell’Ottobre 1986. La ‘XJ40’ viene presentata con una gamma-modello completa, che modifica in parte le precedenti impostazioni commerciali della Casa inglese. Se infatti fino al modello precedente si riconosceva solo una versione Jaguar e in alternativa un’altra, più lussuosa e accessoriata, marcata Daimler o Vanden Plas, nel 1986 si punta su una maggiore distinzione all'interno delle rispettive marche. La Jaguar presenta quindi la ‘XJ6’ con specifiche base e la ‘Sovereign’ molto più equipaggiata e ricca, già identificabile dall'esterno per i grandi fari rettangolari anteriori e le cornici cromate dei finestrini, mentre il modello ‘base’ ha le cornici nere e i fari sono due coppie di proiettori rotondi. Questa soluzione ‘classica’ risulta la più gradita ai clienti Jaguar abituali, molti dei quali chiedono, acquistando il modello più costoso e rifinito, di togliere i grandi fari rettangolari per installare i doppi fari tondi, che portano un piacevole ricordo dello stile dei modelli precedenti. C'è naturalmente anche la versione Daimler: questa è ancora più rifinita ma anche ovviamente molto costosa, tanto che fra il modello base della Jaguar e quello più pregiato della Daimler si arriva quasi raddoppiare il prezzo, e si parla sempre del motore 6 cilindri!

Il successo della nuova Jaguar è molto buono, con differenze interessanti significative a seconda dei vari mercati; molto elevato, relativamente parlando, è ad esempio l'incidenza del cambio manuale rispetto a quello automatico sul mercato italiano, mentre in tanti altri mercati il ‘manuale’ praticamente nemmeno viene importato. Altre notevoli differenze sono nella percentuale di versioni economiche rispetto a quelle più di lusso, una differenziazione particolarmente avvertita in Inghilterra dove questo riflette una persistente rigida distinzione di classi sociali. Nel 1989 la XJ40 ha prezzi di listino che iniziano con i 53.000.000 della XJ6 2,9, salgono a 58.200.000 per la 3,6 poi 80.375.000 per la Sovereign 3,6 arrivando a 92.100.000 per l'ammiraglia della serie a sei cilindri, la Daimler. Gli importatori ufficialmente sono ancora Koelliker a Milano e Fattori e Montani a Roma.

Nonostante i collaudi e gli sforzi per rendere la nuova Jaguar la più affidabile e soddisfacente possibile, la prima XJ40 non è immune da difetti e, non sorprendentemente, è proprio la notevole dotazione elettronica a mostrare i difetti più noiosi e potenzialmente invalidanti, soprattutto perché all'installazione di un'elettronica tanto estesa non è stato dato adeguato supporto prevedendo, per esempio, di creare un tester apposito per la diagnosi dei vari difetti. Non appena qualcosa smette di funzionare, trovare il perché diventa quindi molto difficile, cosa comprensibile se si pensa che si è ancora agli albori della dotazione elettronica di bordo in campo automobilistico e comunque alcuni componenti risultano effettivamente non adatti, poco affidabili o sottodimensionati. Un sistema che non viene molto gradito e che è quindi destinato a essere cambiato molto presto è il monitor in stile televisivo nella plancia principale degli strumenti; dal punto di vista meccanico, se il motore 3,6 litri è abbastanza apprezzato, il 2,9 litri e invece decisamente insufficiente a muovere a un passo decoroso la mole non indifferente della XJ6, specialmente se a pieno carico.

Nel decidere i vari componenti staccati della nuova vettura, la Jaguar seleziona quello che è teoricamente il meglio sul mercato in quel momento. Generalmente, l'operazione riesce, pur con i limiti naturali che crea una rivoluzione così profonda, ma alcune aree sono meno che soddisfacenti. L’esempio più clamoroso è quello della gommatura, per la quale la Jaguar decide di affidarsi a un leader di mercato qual è la francese Michelin; ma questa scelta risulta invece, nel lungo periodo, decisamente sbagliata ed è ora fonte di molti problemi. A metà degli anni ‘80, infatti, per ragioni fondamentalmente legate ad uno sciovinismo esasperato e alla persistenza presunzione di superiorità tipica dei francesi, la Michelin decide di imporre la misura metrica per il diametro dei suoi pneumatici, in pratica sostituendo la convenzionale misura in pollici a una misurata in millimetri. Essendo un produttore di grande importanza, con prodotti di qualità e marchio ben posizionato nell’alto di gamma, alcuni fabbricanti cadono in quella che si rivelerà essere una vera e propria trappola: Ferrari, Bmw e appunto Jaguar. Per questa ragione la XJ40 viene presentata già nel 1986 con cerchi di misura 390 mm, effettivamente intermedia fra 15 e i 16 pollici. La larghezza è ininfluente, quella è già comunque in millimetri così come pure la percentuale dell'altezza del fianco, ma la misurazione in millimetri del pneumatico impone ovviamente un cerchio adeguato e complica decisamente la vita considerando il fatto che il resto del mondo, cioè tutti gli altri produttori di automobili e tutti gli altri fabbricanti di pneumatici, rifiutano questa imposizione e continuano con le loro misure in pollici.

 


Cerchi e gomme 'Metriche'


Un vano motore (relativamente) ordinato

 

La cosa in sé potrebbe essere abbastanza tollerabile se la Michelin avesse continuato per la sua strada continuando a dare adeguato supporto a chi decise all’epoca di seguire questa strada. Invece la Casa francese, constatato che i fabbricanti ignorano questa soluzione e rimangono saldamente ancorate alle misure in pollici, decide quindi di far finta di nulla, non solo smettendo di cercare di imporre questa soluzione, ma cessando anche del tutto la produzione dei pneumatici per le vetture già vendute e così equipaggiate con tanto di omologazione sulla carta di circolazione. È un vero e proprio tradimento, dal momento che le auto sono uscite in prima omologazione con questa misura e per le nuove normative burocratiche risulta controproducente, per non dire pericoloso, montare qualsiasi altra misura. Si ricorre quindi successivamente un'estensione dell'omologazione con cerchi da 16 o anche cerchi da 15, ma tutte sono misure relativamente obsolete. Ferrari è Bmw sono riusciti a ovviare grazie altri fabbricanti di pneumatici, cosa che non avviene per Jaguar. L'unico fabbricante che mantiene un certo supporto a chi ha la sfortuna di dover cercare pneumatici di misura 390 mm è la inglese Avon, ma a costi però veramente elevatissimi e quindi praticamente improponibili.

In questo caso è giusto controllare che sul libretto, all'atto dell'acquisto, sia già registrata una misura di come alternativa alla 390, in 15 o 16 pollici, e che questa misura sia reperibile sul mercato attuale e non anch'essa completamente obsoleta. Questa particolarità, apparentemente di poco conto, è invece un notevole ostacolo a chi vorrebbe avere una buona scelta di gommatura moderna, conforme all’originale mantenendosi perfettamente legale e al tempo stesso utilizzando pneumatici nuovi di buona qualità.

Nel 1989 si affronta quindi un'ampia revisione complessiva della XJ40, partendo dai motori che vendono rivisti e portati rispettivamente a 4 litri e 3,2 litri, con generale soddisfazione per la molto migliore prestazione di ambedue. Il numero di telaio iniziale della ‘seconda serie’ è attribuito all’esemplare numero 594576 al 667828. La plancia portastrumenti viene ridisegnata, il monitor VCM eliminato e le sue funzioni riassegnate all’ampia batteria di spie, mentre altre modifiche importanti riguardano i particolari ben evidenti come la componentistica elettronica. L'interno rimane praticamente invariato, con modifiche veramente solo di dettaglio.

La nuova Jaguar (o Daimler) XJ40 4,0 è un’elegante berlina che mantiene il passo di 287 cm, è lunga 499 cm (196.46 pollici), larga 179 cm, alta 138 cm con potenza 'standard' di 222 cv che diventano 247 con cambio manuale e 252 per la XJR (dati Quattroruote); la velocità massima dei vari modelli va quindi da 210 a 233 km/h e la XJ6 4.0 ha un tempo da 0 a 100 km/h di 8,1 secondi, più che rispettabile anche rapportato al peso di 1.700-1.800 kg. Il serbatoio contiene 86 litri e il consumo è stimato attorno agli 11,7 litri x 100 km, un’autonomia quindi di oltre 700 km (molto teorici). Il prezzo in Italia va da 64.390.000 per la XJ6 3,2 a 116.450.000 per l'ammiraglia Daimler con motore 4 litri; le versioni più semplici con questo motore, cioè XJ6 e Sovereign, costano rispettivamente 69.890.000 e 98.250.000 lire.

Arrivata questa versione, la XJ40 (sempre a 6 cilindri, ma nel frattempo è ormai in arrivo anche la versione a 12 cilindri) è diventata una vera grande berlina di altissimo livello, lussuosa, di buon passo, piuttosto affidabile, e ben posizionata sul mercato. Il fatto che la Jaguar sia nell'occhio del ciclone perché in quegli anni il collasso della British Leyland ha portato a smembrare poco per volta tutto l'impero e vi siano compratori interessati a rilevare la prestigiosa Casa non tocca il buon successo di vendite della XJ40 in tutte le sue versioni, con una buona reputazione anche in termini di affidabilità. Certo, le versioni più economiche risentono della feroce politica di taglio dei prezzi è sempre stata tipica di questa casa; i sedili in pelle delle versioni XJ6 (molto simili a quelli delle precedenti ‘XJ’, molto ampi e opulenti) hanno fianchi in finta pelle, mentre per avere la pelle integrale bisogna passare dalle versioni Sovereign o Daimler, dove si trovano poi, a salire, sedili elettrici, riscaldati e così via. Una caratteristica piuttosto intelligente delle XJ40 è comunque quella che sin dall’inizio viene installata su tutte le versioni la filatura elettrica completa per qualsiasi possibile optional, dunque in fabbrica con lo stesso cablaggio vengono poi costruite auto ‘base’ o full optional senza troppe complicazioni. Anche nelle venature dei legni e nelle loro finiture vi è una differenza evidente fra le varie versioni, così come in altri piccoli dettagli, ma i clienti sono soddisfatti e le vendite vanno molto bene.


La mia prova su strada della XJ40 su AutoCapital 10/86 (Dropbox)

 

Nel 1992 è già chiaro che la Ford, dietro pressante ispirazione del grande Wolfgang Reitzle, sarà la prossima proprietaria della Jaguar, e qualcosa inizia già ad arrivare nell'ambito di una prima collaborazione fra le Case. Nasce quindi, fra il 1992 e il 1993, l'evoluzione definitiva della XJ40, una ‘terza serie’ che non viene pubblicizzata come tale ma viene un po' mimetizzata come fosse un semplice ‘sviluppo in corso d'opera’ di alcuni sistemi tecnici a partire da Gennaio 1993. Si attribuisce l’introduzione di queste modifiche al telaio 667829 e si va fino all'ultima vettura della serie, il 708757 con cui si conclude la storia della XJ40.

In realtà, la revisione è molto più profonda di quello che non sembri, con nuovi relais, fusibili etc; ne risulta che la maggior parte dei componenti che vengono modificati per essere installati nella versione 1993-94 non sono intercambiabili con quelli installati nel 1992 o prima di allora. La plancia dell'aria condizionata, ad esempio, viene resa più completa e attraente, compare inoltre per la prima volta un sistema di ricircolo dell’aria condizionata, ma questa plancia non è installabile sui modelli precedenti; cambia il disegno del rivestimento dei sedili, con una diversa cannettatura che passa da 6 a 3 canne per sedile, il volante viene modificato con l’installazione dell’airbag che viene montato anche davanti al passeggero, rinunciando di conseguenza al cassetto portaoggetti. Ancora più significativi, in un certo senso, i cambiamenti che avvengono a livello dell'impianto elettrico, dove vengono adottati componenti elettrici nuovi, molti dei quali tedeschi (Hella), nell'evidente tentativo di migliorare ancora l'affidabilità della vettura. Ne risulta una grande confusione a livello dei ricambi, ma la qualità è indubbiamente ancora migliore. Non mancano i dettagli ancora scadenti fino al limite della comicità, come sono i fari antinebbia elegantemente incorporati nel nuovo fascione sotto al paraurti anteriore ma che dopo pochi minuti di accensione, si sciolgono ignominiosamente!

Con il telaio 708757, prodotto nel Settembre 1994, esce dunque dalla fabbrica Jaguar l’ultima ‘XJ40’. Viene rimpiazzata da un cauto restyling ‘X300’ ispirato dalla Ford; la prima vettura di questa serie è la 720001, prodotta nel dicembre del 1993. E' chiaro che vi è quindi un 'overlapping' delle due serie (come era successo quando era rimasta in produzione vecchia XJ 'Series III' pur dopo l'inizio della XJ40) ma nel caso della X300 si tratta in realtà di alcuni esemplari di preserie; alla fine del 1994,  la 720125 inaugura la normale produzione della X300.

E’ in effetti il canto del cigno della Jaguar. Dopo la fine della ‘XJ40’, ultima Jaguar completamente realizzata a Coventry, le successive versioni saranno sempre più evidentemente ispirate dai tecnici Ford finchè a decretare la fine di un’epoca arriverà la fine del 6 cilindri in linea, soppiantato da un ottimo, potente e efficiente V8 che sarà però anche, inevitabilmente, un po' meno 'classico'.


Un interno di classe




Se avete una XJ40, dovete consultare 'XJ40.com' e il suo Forum

 

L’USATO OGGI

 

Al momento attuale le quotazioni delle varie della XJ40 sono scese in maniera vertiginosa, forse più di quanto meriterebbe questa ottima, elegante berlina inglese. Giocano contro fattori ambientali come la cilindrata elevata e i consumi conseguentemente sostenuti (nella vita reale, non si percorrono più di 8 km con 1 litro di benzina, e nel traffico ovviamente anche meno), la complessità e le innegabile vulnerabilità dei sistemi elettronici di bordo. Le incertezze burocratiche sulle agevolazioni su tassa di proprietà e passaggio di proprietà riconosciute fino all'anno scorso (2014) ai veicoli non ancora trentennali ma che avessero passati vent'anni di età e dotati di certificato di rilevanza storica rilasciato dall'auto moto club storico italiano ha ulteriormente aggravato la situazione, riducendo la desiderabilità di automobili in cui sono queste due voci finiscono per rappresentare una buona percentuale del valore dell'automobile stessa.

Non va sottovalutata la problematica relativa alla reperibilità delle parti di ricambio nuove, i relativi costi e non di rado la compatibilità talora incerta per via delle tre diverse serie di produzione di cui si è parlato più sopra. In compenso la reperibilità di parti di ricambio usate è piuttosto buona anche dai demolitori o presso varie fonti via Internet, dove peraltro molto attivo un forum specifico ricchissimo di informazioni storiche, tecniche burocratiche sulla XJ40. In questo caso, i prezzi si abbassano notevolmente e in Inghilterra è possibile acquistare intere automobili da utilizzare per pezzi di ricambio a prezzi veramente molto modesti. Non di rado si tratta di automobili in ottima condizione, che possono essere riportate in Italia su strada senza problemi; la difficoltà può essere quella di trovare un meccanico specializzato che conosca abbastanza bene la meccanica e soprattutto l'elettronica inglese di quegli anni per potere lavorare affidabilmente su una struttura comunque molto complessa (non va dimenticato che parliamo sempre di grandi, veloci berline di grande lusso quindi molto ricche in termini di componentistica e di accessori) contenendo i prezzi in termini tali da rendere plausibile questa operazione. Inoltre, nell'uso delle auto d'epoca si tende a privilegiare vetture sportive, o scoperte o molto particolari. L'elegante berlina inglese di 25 anni di età è attualmente in una specie di limbo che non premia.

Detto questo, il fatto che si inizino a trovare eccellenti esemplari a partire da 3.000-4.000 Euro rappresenta un punto di indubbio interesse, soprattutto per i modelli più ricchi e accessoriati. A partire da 5.000 Euro è poi possibile trovare delle XJ40 delle versioni più ricche e accessoriate in ottime condizioni e perfettamente funzionanti, mentre poco di più è richiesto per modelli realmente perfetti. I prezzi scendono moltissimo andando in Inghilterra, o accontentandosi, in Italia, di trovare una delle numerose vetture che sono state acquistate oltre Manica e che hanno quindi la guida a destra. Questa scelta può essere dettata da un gusto personale, ma non è consigliabile perché la bellezza di queste Jaguar e il loro uso quotidiano; la XJ40 ha il profumo di un’auto quasi d'epoca ma con molte caratteristiche, sia dinamiche che di confort e di eleganza, di un'automobile già praticamente moderna. La guida a destra diventa allora indubbiamente penalizzante.

In quest'ottica, per un uso quotidiano con stile e senza troppo dare nell'occhio, una XJ40 è una scelta eccellente, a basso prezzo e di grande soddisfazione. Suscita ancora molto interesse, tutto benigno. Ora che le nuove Jaguar hanno un'estetica radicalmente diversa e non si riconoscono più nella bellissima linea d'origine, si vedono molte persone che per la strada si girano vedendo passare una XJ40; con la sua carrozzeria senz'altro datata, ma che sfoggia con grande stile la sua eleganza classica e, si può dire, senza tempo.

 

 


1992 XJ40 (2015)

               

Jaguar XJ (XJ40) 6 4.0 manual Engine Technical Data

 

Engine type - Number of cylinders :            I 6

Engine Code :   -

Fuel type :         Petrol

Fuel System :    MPI

Engine Alignment :      Longitudinal

Engine Position :         

Engine size - Displacement - Engine capacity :     3980 cm3 ( 242.9 cu-in )

Bore x Stroke :  91.0 x 102.0 mm ( 3.58 x 4.02 inches)

Number of valves :      24 Valves      Aspiration :   N/A

Compression Ratio :    9.5      Max. RPM :  

Maximum power - Output - Horsepower :  226 PS (223 bhp) (166 kW) @ 4750 rpm    

Maximum torque :       377 Nm (278 lb.ft) @ 3650 rpm

Drive wheels - Traction - Drivetrain :         RWD  Transmission Gearbox - Number of speeds : 5 speed Manual

Jaguar XJ (XJ40) 6 4.0 manual Dimensions, Aerodynamics and Weight

Wheelbase :      287 cm ( 112.99 inches )   Length :         499 cm ( 196.46 inches )

Width :   179 cm ( 70.47 inches )      Height :          138 cm ( 54.33 inches )

Front Axle :       0 cm ( 0 inches )      Rear Axle :    0 cm ( 0 inches )

Num. of Seats :             Aerodynamic drag coefficient - Cx :       -

Front Brakes - Disc dimensions :      Vented Discs (- mm)           Rear Brakes - Dics dimensions : Discs (- mm)

Front Tyres - Rims dimensions :       225/65 R15   Rear Tyres - Rims dimensions :            225/65 R15

Curb Weight :   1700 kg ( 3748 lbs )            Weight-Power Output Ratio :        7.52

Trunk capacity :           430 L 

Front Suspension :       Independent. Double Wishbones. coil springs. anti-roll bar

Rear Suspension :        Coil springs. anti-roll bar

Jaguar XJ (XJ40) 6 4.0 manual Performance

Top Speed :       222 km/h (137 Mph)

Acceleration 0 to 100 km/h (0 to 62 mph) :           8.1 s

Jaguar XJ (XJ40) 6 4.0 manual Consumption MPG, Emissions and Range

Fuel Consumption - MPG - Economy - Efficiency :         -L / -L / -L / 11.3L (20 mpg)

Range :   761 Km

Fuel Tank Capacity :   86 L

CO2 emissions :           263 g/Km (estimate)

 



(Stefano Pasini, Bologna 06/2015)

 

Felix Meister guida la Jaguar XJ-R

 


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