Stefano Pasini

 

 

AUDI A2 (2000-2005):

una breve storia

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La storia della Audi ‘A2’ inizia da molto lontano, da molto prima di quel 1999 nel quale venne presentata ufficialmente alla stampa e poi al pubblico, nel corso del salone di Francoforte di quell’anno, ed è strettamente legata alla filosofia di pensiero dell’uomo che più di ogni altro ha contribuito a creare il marchio Audi nella sua attuale dimensione, uno dei grandi innovatori dell’industria automobilistica mondiale: Ferdinand Piëch.

 

 

Questo ingegnere meccanico orientato verso le tecnologie aeronautiche, innamorato delle automobili da corsa sin dai tempi in cui prese in mano il reparto corse della Porsche, nel 1968, portando rapidamente le automobili di Stoccarda al titolo mondiale, aveva già iniziato a rivoluzionare il mondo dell’automobile introducendo con i vari modelli Audi (dove si era trasferito nel 1972) tutta una serie di innovazioni radicali; fra queste, la più importante era stata sicuramente l’adozione generalizzata e ben pubblicizzata della trazione integrale ‘quattro’, ma altrettanto impegnativa anche dal punto di vista industriale era stata l’adozione estesa dell’alluminio nella costruzione dell’intera scocca di un’automobile di grande prestigio come la ‘A8’. Realizzata grazie a una strettissima collaborazione fra Audi e Alcoa (‘Aluminum Corporation of America’, leader mondiale nel settore) e presentata ufficialmente nel 1994, dopo una gestazione durata almeno tre anni, la A8 aveva rivoluzionato il mondo dell’automobile di lusso presentando una filosofia diversa da quella delle ammiraglie classiche; l’uso esteso dell’alluminio aveva permesso di realizzare un’automobile grande e lussuosa ma di peso decisamente più contenuto del normale e quindi con prestazioni migliori sia in accelerazione e velocità massima che in frenata sicurezza attiva senza perdere nulla in confort e dotazioni di bordo. Il vantaggio nell’uso dell’alluminio era evidente, e in più c’era la funzione pubblicitaria apertamente sfruttata dalla fabbrica di Ingolstadt di proiettare in questo modo le Audi verso un futuro tecnologicamente molto evoluto, sorpassando in maniera inequivocabile i grandi classici del mercato come Mercedes e BMW.

 

Un costruttore normale, orientato cioè verso lo sfruttamento massimale di un concetto tecnico tanto impegnativo, avrebbe sicuramente iniziato a estendere l’uso integrale dell’alluminio nella scocca di tutte le sue vetture scendendo razionalmente dalla A8 giù verso la A6 e poi successivamente verso i modelli inferiori. In quegli anni, però, l’Audi di Ferdinando Piëch non è una Casa automobilistica normale, in quegli anni è una fucina di idee completamente diverse da quelle dei diretti rivali; lo sforzo intellettuale più evidente che viene compiuto a Ingolstadt è proprio quello di combattere i diretti rivali tedeschi, solidamente affermati sul mercato da anni, proponendo un prodotto di elevata qualità ma cercando di non copiarne mai le soluzioni tecniche, estetiche e funzionali. È forse questa la ragione per la quale Piëch decide di portare avanti il suo discorso sull’alluminio producendo qualcosa ancora una volta radicalmente nuova, ma completamente all’opposto, commercialmente parlando, della A8. Un concetto su cui il grande ingegnere tedesco ha sempre insistito era quello infatti della riduzione del peso e dei consumi, due risultati che lui vedeva consequenziali l’uno all’altro. Per ottenere quel risultato eclatante nell’abbattimento dei consumi che lui vedeva come un traguardo prestigioso per la sua Audi, era necessario produrre un veicolo molto più compatto e leggero di una berlina tradizionale, un concetto che estremizzerà poi successivamente nelle automobili che arriveranno a consumare fino a un solo litro per 100 km. Qui però non si parla di automobili sperimentali, piccole affusolate monoposto da record concepite esclusivamente per una misurazione; Ferdinand Piëch vuole un’automobile vera e propria, una compatta da mettere in produzione per affermare la bontà del lavoro dei suoi ingegneri sull’alluminio e al tempo stesso dare al mercato un segnale delle straordinarie qualità innovativa della Audi e di tutto il suo sistema di progettazione e di produzione. E’ per questo che le voci che volevano che la A2 fosse nata come una VW e fosse poi stata ‘sterzata’ da Piëch verso il marchio Audi appaiono prive di fondamento; sin dall’inizio, infatti, questo è un progetto molto costoso, nel quale si decide di fare investimenti importanti (realizzando, ad esempio, una nuova modernissima fabbrica a Neckarsulm solo per questo modello) sapendo che questo porterà poi a un prezzo di listino molto elevato, che chiaramente non sarebbe stato giustificabile nella gamma modello della VW come poi più avanti dimostrerà fin troppo bene la raffinata Phaeton. La ‘Al2’ che è l’embrione concept della A2 viene presentata a Francoforte nel 1997 è ed è già sicuramente e completamente un’Audi.

 

Un concetto molto originale della A2 è che viene presentata inizialmente con due motori della stessa potenza e con caratteristiche dinamiche molto simili, ma uno ha alimentazione a benzina, l’altro a gasolio. Il fatto che questi due motori abbiano la stessa potenza e più o meno le stesse prestazioni  è una chiara indicazione del fatto che la Casa dei quattro anelli non intende privilegiare l’una o l’altra motorizzazione; la scelta di un carburante o di un altro dipende dalla scelta che deve fare il cliente sulla base esclusiva delle sue intenzioni d’uso, privilegiando in un caso la dolcezza e la silenziosità d’uso, nell’altra l’economia di esercizio e l’autonomia. Successivamente, ma il suo prossimo arrivo viene annunciato fin dal primo momento, si unisce a queste due versioni una terza che ha un motore a tre cilindri diesel particolarmente economico, per raggiungere la fatidica soglia dei 3 litri di consumo di carburante per 100 km. È un veicolo questo nel quale le scelte tecniche commerciali sono estremizzate, ma è un buon esempio della scuola di pensiero di Piëch nella ricerca di determinate prestazioni. Si può dire che in un certo senso questa feroce ricerca delle prestazioni massime possibili in ogni campo, in questo caso l’abbattimento del consumo, segue la stessa scuola di pensiero priva di compromessi che aveva reso Piëch un vincitore già ai tempi del Campionato Mondiale che lui aveva fatto vincere alla Porsche.

 

La presentazione di questo piccolo capolavoro d’alluminio suscita molta curiosità; il fatto stesso di abbandonare la classica costruzione monoscocca con pannelli esterni portanti per ripiegare su un telaio portante interno (‘ASF’, ‘Audi Space Frame’) a cui i pannelli di alluminio esterni sono appesi senza funzione strutturale ribalta molte delle nozioni tecniche in uso in quel momento; richiede inoltre una progettazione straordinariamente accurata dei moduli interni del telaio, dove i profilati che vengono sviluppati in collaborazione dalla Audi e dalla Alcoa risultano straordinariamente efficienti nel combinare leggerezza e rigidità sia torsionale che flessionale.

 

La linea della A2 viene disegnata da Luc Donckerwolke, brillante giovane stilista di origine belga già affermato per il suo lavoro alla Peugeot e che nel suo carnet ha ora automobili magnifiche come la Lamborghini Murciélago: egli realizza per la nuova piccola di casa Audi una linea molto originale, caratterizzata da fiancate alte e diritte, un tetto relativamente alto in cui la coda scende in maniera progressiva senza però abbassarsi, come in altri casi, a livello della linea di cintura, ma nemmeno adotta un portellone intero con il lunotto posteriore perpendicolare come avviene appunto la sua più diretta rivale, la Mercedes ‘A-Klasse’.

 

Sì, perché non c’è da dubitare del fatto che l’Audi A2 è concepita come una diretta rivale, con tutte le raffinatezze le originalità tipiche dell’Audi di Ferdinand Piech, della fortunata ‘piccola’ della Mercedes. Anch’essa è molto originale e anche questa è caratterizzata da uno stacco piuttosto deciso dal resto della gamma, ad esempio per la sua trazione anteriore, la forma da monovolume con guida abbastanza avanzate cofano molto corto, le dimensioni compatte il posto guida alto. La A2 ne è la diretta rivale, ma con tutte le prese di distanza tipiche dei tecnici di Ingolstadt e dei suoi stilisti. La cosa più originale è senz’altro proprio la forma del portellone posteriore, in cui il lunotto quasi orizzontale scende morbidamente mantenendo una coda alta, con il cristallo che fa poi una curva molto decisa ponendosi ad angolo retto per una striscia che permette una buona visibilità posteriore, una piega otticamente nascosta da un alettone in materiale sintetico applicato sulla curva che serve sia a migliorare le caratteristiche aerodinamiche della vettura che, va detto, anche per mascherare le inevitabili discontinuità ottiche del cristallo in quella delicata curvatura. La profilatura di questo lunotto è tale che Piech decide che non ci sarà bisogno di un tergicristallo posteriore, perchè le gocce di pioggia scivoleranno via mentre lo sporco della strada non verrà trascinato su di esso. Questo attento studio della profilatura di tutte le superfici porta a realizzare una carrozzeria che ha un coefficiente di penetrazione straordinariamente basso, da record: il suo cX va infatti da 0,25 a 0,29 a seconda delle versioni. Anche il resto della A2 mostra tutte le sue originalità, i passaruota molto marcati che verranno di moda molti anni dopo su altre automobili, il grande parabrezza con un solo grande tergicristallo pantografato, il cofano corto che fra l’altro non è nemmeno apribile dal guidatore.

 

E qui si arriva ad un’altra innovazione solo apparentemente banale: il cofano non si alza più, il guidatore che prima di partire per un viaggio vuole controllare olio e acqua non deve sporcarsi le mani all’interno di questa cavità arcaica ma può eseguire questi controlli semplicemente aprendo il piccolo sportello anteriore longitudinale che fa anche da finta griglia con i suoi quattro anelli in bella vista; dietro a questa apertura (‘Serviceklappe’) si trovano il bocchettone dell’acqua, dell’olio e l’accesso all’astina dell’olio nonché il controllo del livello del liquido lavavetro. Insomma, tutto pensato perché questa elegante compatta dalle dimensioni piuttosto contenute, raffinatissima nella costruzione, sia una vera gioia all’uso quotidiano per qualsiasi automobilista.

 

A migliorare ulteriormente il profilo già molto elevato di questa piccola automobile di pregio c’è una lista di optional enorme, tipica della tradizione delle Case tedesche e della stessa Audi; si può scegliere un po’ di tutto, cerchi, impianti stereo, colori, tetto apribile (molto bello, in due grandi pannelli scorrevoli in cristallo) o meno, interni con stoffa di varie qualità e colori, abbinamenti vari, per non parlare poi degli accessori da montare sul tetto come portabiciclette portabagagli e così via. Insomma, come voleva Piëch, non un’Audi ‘economica’, ma una ‘piccola Audi’.

 

Le dimensioni privilegiano indubbiamente la manovrabilità cittadina. La A2 (in ogni sua versione) è lunga 382,5 cm, larga 167,5, alta 155 con un passo di 240,5 cm, carreggiata anteriore e posteriore 146/143 cm, altezza dal suolo 11 cm e un diametro di sterzata contenuto in 10, 5 metri. Il serbatoio del carburante per le versioni 1,4 (diesel e benzina) contiene 34 litri e questo, con un consumo dichiarato nel ciclo UE di 4,7/6/8,2 litri per 100 km permette di raggiungere l’autonomia che era stata stabilita all’inizio del progetto. Non sorprende, considerata la mentalità assolutamente tecnica dei progettisti Audi e in particolare di Ferdinand Piëch, che la versione ‘1,2 litri’, concepita per un consumo molto più ridotto che deve abbassarsi fino a 3,5 litri per 100 km, venga anche equipaggiata con un serbatoio molto più piccolo, soli 20 litri. Il bagagliaio delle versioni 1,4 è comunque di 390 litri, con un’interessante doppiofondo che rappresenta una maniera molto elegante di nascondere alla vista degli eventuali malintenzionati gli oggetti più di valore eventualmente ospitati nel bagagliaio; ribaltando i sedili si può arrivare un volume di 1085 litri. Ma le statistiche più significative, almeno in un’ottica puramente tecnica, riguarda la drastica riduzione del peso permessa dall’adozione dell’alluminio per la carrozzeria, calcolabile in circa il 45% in meno di un’analoga struttura in acciaio. Grazie a questo il peso finale della vettura con tutti i suoi equipaggiamenti, rimane contenuto in 895 kg, veramente molto ridotto. E l’ASF (‘Audi Space Frame’) che rappresenta l’originale struttura di base di telaio carrozzeria della A2, è fatto in maniera da alloggiare nella maniera più intelligente possibile tutti gli inevitabili impianti di bordo, le sospensioni e filature fino alla batteria di attrezzi di bordo, con una progettazione particolarmente intelligente del pavimento che permette anche ai passeggeri posteriori di trovare ampio spazio per le gambe. L’ossatura in alluminio delle ‘ASF’ può agevolmente essere sollevata da due persone.

  

 

Le prestazioni non sono ovviamente da supercar, comunque grazie alla leggerezza e la sua buona profilatura aerodinamica, la 1,4, che monta in ambedue le versioni gomme di serie 175/60 R 15 su cerchi 5,5J in lega leggera, raggiunge la velocità di 173 km all’ora, più che decorosa per questo tipo di vettura. Anche in questo caso la versione ‘diversa’ è la 1,2 litri, che ha una gommatura più ridotta a una velocità massima più contenuta sempre in nome di un minor consumo complessivo I pneumatici adottati su questa versione sono 145/80 R14 T76 Bridgestone Ecopias or Continental Winter Tyres; l’intera automobile è stata riprogettata in maniera presumibilmente ancora più costosa con vetri più sottili, eliminando il servosterzo e l’aria condizionata, montando cerchi da 14 in magnesio con copriruota molto piatti e profilati, il tutto insomma per creare una vetrina delle soluzioni tecniche più vantaggiose per ridurre al minimo possibile il consumo di carburante; così il piccolo diesel tre cilindri in alluminio da 1,2 litri di cilindrata permette a questa particolarissima automobile di raggiungere la fatidica soglia dei 3 litri di carburante per 100 km...

Nonostante il valore tecnico indubbio dell’automobile, che impressiona molto gli specialisti che vengono invitati alle prime prove su strada e che pone la A2 al vertice della sua categoria, le vendite stentano a decollare. Ci sono vari fattori all’origine di questo ridotto successo: il primo è sicuramente il costo molto elevato, che ne fa una delle premium compact alla portata di un numero di potenziali acquirenti proporzionalmente ridotto. Il secondo è poi la diretta concorrenza, decisamente importante, della Mercedes ‘A-Klasse’; altrettanto innovativa dal punto di vista estetico, molto meno dal punto di vista tecnico, un poco meno dispendiosa ma con un marchio Mercedes-Benz ancora più forte di quello Audi; inoltre la clientela della Casa di Stoccarda si è sempre dimostrata più propensa a rimanere fedele al marchio anche su differenti livelli di prodotto, ed è ben disposta verso la nuova piccola della loro Casa preferita, mentre la lealtà verso la Audi è di più recente costituzione ed è per questo forse meno solida, cioè non in grado di imporre l’acquisto di questa vettura al cliente Audi. Infine, non va dimenticato che la A2, automobile esteticamente innovativa ma controversa, non incontra inizialmente i gusti di tutti, e anche questo crea un ulteriore ostacolo alla vendita.

 

Fatto sta che rispetto alle iniziali pianificazioni, che prevedevano di arrivare a costruire oltre 500.000 vetture, la Audi si vede ben presto costretta a ridurre le previsioni di vendita e di conseguenza la produzione. Nel 2002 in Germania vengono vendute 20.000 A2 contro circa 80.000 Mercedes A-Klasse’; è chiaro che lo scontro è diventato impari. Per rivitalizzare la gamma di questo modello intelligente ma sicuramente non compreso dagli acquirenti l’Audi decide di mettere in produzione un modello con un motore 1,6 litri da 110 cavalli e contemporaneamente di offrire alcuni modelli caratterizzati da allestimenti specifici e colori molto vivaci, etichettati ‘Color Storm’, nel tentativo evidente di alleggerire l’impronta freddamente tecnica della A2 rendendola più vivace e, si pensa, più adatta ai giovani.

 

Nemmeno questo peraltro riesce a fare risalire più di tanto le vendite, che nel 2005 iniziano anzi a calare. Di fronte al successo perdurante della A-Klasse, l’Audi non può che riesaminare l’opportunità di mantenere in produzione la A2, sulla quale fra l’altro, a causa delle tecnologie estremamente sofisticate di produzione e dal costo delle materie prime utilizzate, la Casa perde circa € 4000 per ogni automobile, e questo nonostante un prezzo di listino che è il più alto della sua categoria. La fine della produzione di questa automobile tanto interessante ma al tempo stesso incompresa arriva nel 2005 ed è decretata, conti alla mano, dall’amministratore delegato del gruppo VW di quel momento, Bernd Pischetsrieder. Qualcuno non manca di notare che in quei giorni Pischetsrieder è ai ferri corti con il comandante supremo Piëch e di lì a poco (7 Novembre 2006) annuncia le sue dimissioni, effettive 31 Dicembre 2006. La decisione di terminare così bruscamente la produzione di un'auto che era uno dei progetti prediletti di Piëch e che incarnava i suoi ideali tecnici può quindi essere facilmente interpretata come un episodio della lotta che vede contrapposti i due manager più importanti del Gruppo VW, lotta nella quale Pischetsrieder non può che soccombere ma dopo avere dato qualche dispiacere al patriarca. Del resto il manager bavarese si era trovata la A2 già in commercio al suo arrivo, nel 2000, e forse quelle idee tecniche erano estranee a uno come lui, che si era invece concentrato sulla potentisssima e pesantissima Bugatti Veyron: l'antitesi assoluta della A2.

 

 

L’AUDI A2, ADESSO (2020)

 

L’ultima Audi A2 è stata prodotta dunque fino a 15 anni fa, raggiungendo un totale di poco più di 171.000 unità prodotte. Rispetto alla non enorme diffusione iniziale di questo modello, dovuta ai fattori di cui si è parlato più sopra, risultano ancora molte le A2 in circolazione, un risultato dovuto sia all’eccellente qualità complessiva dell’automobile, adatta a un uso molto prolungato nel tempo, sia alla piacevolezza dell’uso della stessa anche per anni e agli ottimi materiali usati per l’interno, non dimenticando la sua proverbiale economicità d’esercizio; tutti questi fattori fanno sì che le A2 offerte in vendita ora mostrano spesso chilometraggi elevatissimi, molto spesso oltre 200.000 km, talvolta vicini e 300.000. La percentuale di sopravvivenza che si avverte soggettivamente osservando quante se ne vedono in circolazione nelle grandi città (non esistono statistiche ufficiali della Casa questo riguardo, come invece fa Porsche per le sue vetture) è tanto più sorprendente quando si considera che molte A2, a causa della loro costruzione in alluminio, sono state dichiarate troppo costose per una riparazione adeguata dopo qualche incidente, e parecchie di queste sono state quindi demolite senza troppe storie perché l’assicurazione non aveva alcuna intenzione di pagare elevati costi di ripristino. Trovarne una in ottime condizioni è dunque quanto mai importante, e naturalmente è difficile anche se non impossibile; dopo 18 anni dall’inizio della produzione e 13 dal termine, le A2 circolanti con pochi chilometri, in buone condizioni e non troppo sfruttate sono ovviamente poche. Vale però la pena di cercarle e, se se ne trova una, di tenersela stretta; questa rimane una delle automobili più intelligenti e meglio progettate della storia recente dell’auto, l’espressione concreta di una mentalità visionaria quella di Piëch e dei suoi tecnici, che aveva saputo guardare al futuro in maniera audace e senza paura di andare controcorrente.

 

“…An advanced, lightweight aluminium body structure. A super-slippery silhouette to cheat the wind. A drop-down front panel allowing access to essential servicing items – this sounded like the sportscar of tomorrow.

But the Audi A2 was a five-door hatchback, and a tall one at that, its outline dangerously close to a sensible-shoes people carrier’s, its most powerful engine a 1.6 litre of 110bhp.

It was also brave, brilliant and if you’re thoughtful about design and its functionality, deeply appealing. The A2 was also a car years ahead of its time….”

(https://www.motoringresearch.com/car-news/great-motoring-disasters-audi-a2/)

 

Che il mercato non l’abbia premiata, in fondo, è solo una riprova del fatto che i grandi innovatori non sempre vengono compresi nel loro tempo. Nemo propheta in patria...

  

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An excellent Club for the Audi A2 owners...

https://en.wikipedia.org/wiki/Audi_A2
http://www.audia2museum.de/20.html
https://www.motoringresearch.com/car-news/great-motoring-disasters-audi-a2/
https://www.motoringresearch.com/car-reviews/retro-road-test/audi-a2-retro-road-test/
http://wikicars.org/en/Audi_A2
https://www.youtube.com/watch?v=mPzdjk60yFc
https://www.youtube.com/watch?v=1-QWrILc2cU
https://www.youtube.com/watch?v=bZE1MBa32gE
https://www.youtube.com/watch?v=o8XBIt6TKsM
https://www.audiworld.com/news/02/aluminum/content1.shtml
http://www.telegraph.co.uk/motoring/first-drives/2716577/City-slicker-with-hidden-flaws.html
https://www.caranddriver.com/reviews/audi-a2-first-drive-review
http://www.autointell.com/european_companies/volkswagen/audi-ag/audi-cars/audi-a2/audiag1112.htm

Colori:

https://www.vernicispray.com/2054721528793IT/vernice-auto-spray-ritocco-carrozzeria-pastello-audi-vedi-volkswagen-a2-y9b-brillantschwarz.jsp

 

Cars-Index

 

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